Tonut, cuore a metà
«Cantù? Ai playoff»

«Perché no? Se Cantù riuscisse a fare un filotto di vittorie, con questa situazione di classifica potrebbe perlomeno provarci»

«Cucù… Cucù… Pessina non c’è piùùù… Non ce ne frega un c… adesso abbiam Tonut!». Coro leggendario, di primi anni ’90, inaugurato dagli Eagles per Alberto Tonut – ora 58enne - che prese in fretta il posto di Pessina passato da Cantù a Milano nell’estate del 1991. Un coro che è rimasto nel cuore nell’ex “cecchino” triestino. Che, in vista della partita di domenica tra Trieste e Cantù, ha il cuore diviso a metà. Anzi, in tre. Perché con il figlio Stefano (nato a Cantù nel ’93) che gioca a Venezia, c’è pure questa parte importante di tifo a cui ovviamente non si può sottrarre.

Ha fatto le carte al campionato Tonut. Ha parlato a tutto tondo della lotta salvezza e dei playoff. Con un pronostico a sorpresa: «Occhio a Cantù. Se dovesse vincere due-tre partite di fila rientrerebbe in corsa per i playoff».

Addirittura?

Perché no? Se Cantù riuscisse a fare un filotto di vittorie, con questa situazione di classifica con tante squadre in pochi punti, potrebbe perlomeno provarci.

Dall’interno, però, non si guarda certo ai playoff come traguardo ma alla salvezza…

Come è ovvio e giusto che sia, perché Cantù non naviga ancora in acque tranquille. Io però dico che se si incastrano tutte le componenti, si può tentare la scalata. Anche perché Cantù non merita di essere dov’è, per il roster che ha. I problemi più grossi li ha Varese: sembra cosa da poco, ma è fondamentale il 2-0 a favore di Cantù negli scontri diretti. E per quel che vedo, la S. Bernardo si sta tirando fuori dai guai: battere una bella squadra come Treviso è stato fondamentale.

Quali sono i suoi punti di forza?

Beh, non posso non sottolineare che con la fiducia data a Bayehe, le cose siano cambiate. Ha fiducia ed entusiasmo, componenti che Bucchi può sfruttare al meglio. E poi c’è un grande giocatore come Gaines, una sicurezza. Aggiungiamoci un buon play come Smith, che potrebbe fare ancora meglio, una garanzia come Leunen e un giocatore come Pecchia che vorrebbe mezza serie A. Per me Cantù ha un organico che le consentirà di uscire dalla zona salvezza e fare ancora meglio.

Insomma, pare di capire che non sia possibile fare paragoni con questa stagione e quella in cui Cantù scese in A2 nel 1993/94…

No, quella fu purtroppo una stagione anomala, nata male. Non ci sono le stesse situazioni gravi di allora.

Quali furono i problemi allora?

Prima di tutto l’infortunio di Bosa. Poi ci furono cambi tra gli americani che non aiutarono, Hammink che lasciò la squadra, un cambio di allenatore. Questa Cantù per fortuna non ha di questi problemi.

Che ricordi ha di quella stagione?

Fu deludente, ovviamente. Personalmente, a livello statistico, fu un campionato con medie importanti, nonostante giocassi con infiltrazioni alla spalla tutte le domeniche. Mi operai a fine stagione, quando ero tornato a Trieste. Quell’anno però non lo posso dimenticare: a Cantù, a novembre del ’93, nacque mio figlio Stefano.

Torniamo al presente.

Domenica c’è Trieste-Cantù: la favorita?

In casa, Trieste domenica parte leggermente favorita. Ma la Cantù attuale mi fa pensare che non sarà una passeggiata. Tra l’altro, questo campionato è bellissimo perché è equilibrato. Milano a parte, dietro non ci sono squadroni. Penso di non sbagliare se dico che questo equilibrio è dato dall’assenza del pubblico, che per molte squadre è il sesto uomo. Si spiegano così le tante vittorie in trasferta.

Proviamo fare una griglia playoff?

Prime cinque posizioni assegnate: quindi Milano, Brindisi, Sassari, Bologna e Venezia. Poi vedo in crescita Brescia, penso che sarà dentro. Io mi auguro che gli ultimi due posti siano per Trieste e Cantù, anche se non sottovaluterei Pesaro e, ora, Reggio Emilia: ha due centri fortissimi, in Italia nessuno ha una coppia così.

Ma Trieste e Cantù sono paragonabili?

Certamente, perché hanno la forza trascinante del tifo. A Trieste c’è un attaccamento pazzesco, purtroppo il virus ha tolto di mezzo, oltre al pubblico, tanti sponsor. L’ambiente è stato un po’ destabilizzato, si sono fatti tanti sacrifici per questa serie A. Lo stesso posso dire di Cantù, dove ho sempre nel cuore gli Eagles, che colgo l’occasione per salutare con affetto.

E ha contato per lei tutto questo affetto?

Ho avuto la fortuna di giocare in pochi posti, ma tutti molto caldi. Trieste, Cantù, Livorno, posti che hanno lasciato un segno in me e che io ho sempre lasciato a malincuore. Le reputo grandi piazze e l’augurio che posso fare ai tifosi è che possano tornare presto nei palazzetti e negli stadi: senza pubblico, lo sport perde il 50% della sua grande bellezzi.
L.Spo.

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