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La versione di Gianni (Corsolini)

Appuntamento settimanale con la rubrica più longeva

Mi prendo una pausa per quanto riguarda lo sport in generale. Oggi, visto come è organizzato, schiavo del doping fisico, amministrativo e morale, in tutte le specialità, lo sento a me lontano.

Voi direte: «Ma la Pallacanestro Cantù? In questo scenario dove la metti?». La Pallacanestro Cantù è una fede, tanto è vero che in questi giorni non rinuncia ad essere coinvolta. L’editoria è sotto del 75%, ma il dato non riguarda i libri di cucina, il cibo, vissuto non solo come alimentazione ma come nutrizione e come cultura ed arte del mangiare. Il fenomeno non riguarda solo me che sono bolognese, ma tocca tutti.

Escono frequentemente libri di cucina, ricette e vanno come il pane. In questo ambiente, la Pallacanestro Cantù si è mossa bene, perché gli uomini della nostra società, Aldo Allievi, Alfredo Broggi, Giovanni Broggi, Sergio Scolari, Carlo Lietti erano dei mangiatori eccezionali. Il campione era Aldo Allievi che, quando organizzava le cene dei coscritti del ’27, era uno spettacolo a vedersi. I vecchi della società, che non era ancora dei Casella, si trovavano al Boeucc e in alcune trattorie tra Cucciago e Cantù Asnago.

Più avanti nel tempo, la scelta era ricaduta sul Giardinett, dove partecipavano di norma gli uomini della stampa, locale ma anche nazionale, e sul ristorante di Saetta, dove si trovavano gli arbitri, in particolare quelli internazionali e i vari commissari, ospitati in albergo davanti al Saetta, il Canturio, l’albergo del mio coscritto Giovanni Zanfrini.

Le gare gastronomiche si svolgevano anche al Gnocchetto di Tavernerio, in una trattoria di Anzano del Parco, deliziosa come ambiente e come cucina, e poi c’erano le cena in famiglia dalla sorella di Adriano Rusconi, da Angela Fossati o a casa Tambieri. L’ambiente della pallacanestro di allora si spostava alla domenica notte da mezzanotte alle tre in una trattoria milanese “Da Mico”, il cui titolare e era un toscano che aveva fatto fortuna anche con i giornalisti perché Aldo Giordani portava tutti i suoi allievi del Guerin basket dopo aver mandato i pezzi in tipografia.

Le specialità erano spaghetti aglio, olio e peperoncino e fritto misto. La stessa trattoria ha poi cambiato gestione, passando a un sardo ed è diventata “Da Giovanni”, mantenendo sempre la stessa clientela, specie del nostro mondo, aggiungendo i dipendenti Alitalia che erano vicinissimi come sede.

Poi ci siamo allargati perché le squadre che venivano da fuori regione si erano abituate a fermarsi a Lodi al ristorante di Franco Tanelli “I tre gigli”, in cui la cucina della moglie Nicla era di gran livello. A quell’epoca venivano organizzate delle cene a premio fra lui ed Emlio Tricerri, sempre vinte dall’Aldone con tanti bis tanto che una volta dissi: «Aldo vorrei portarti a casa, non al Pronto Soccorso».

Quelle sfide ci diedero l’opportunità di tesserare a breve il giocatore Lazzari, che il figlio di Tanelli Angelo, allenatore di una squadra giovanile dell’Olimpia Milano mi aveva consigliato. Lazzari giocava a Lodi, in una società che non è mai andata oltre la serie D ma aveva tutte le caratteristiche per esserci utile. Lo tesserammo e demmo a Lodi Euclide Insogna in prestito per un anno e l’anno successivo Marino.

Cantù non si ferma. Ho avuto occasione di parlare con Paolo Frigerio che ha rimesso in moto i rulli per fare attività fisica in sostituzione del ciclismo, e Paolo Cappelletti, con il quale abbiamo ricordato gli incontri in cui eravamo ospiti in sua compagnia e della moglie Giuditta. Non si ferma mai neanche Enrica Arnaboldi che ha sempre la mente in fermento per organizzare iniziative a favore del basket e della comunità.

Non si fermano i miei contatti in video-chiamata con Dionigi Cappelletti e Charlie Recalcati, simbolo e testimonial dell’iniziativa di raccolta fondi a favore della Croce Rossa di Cantù e dell’Ospedale di Varese. Cantù e Varese sono unite in questa sfida così come si sono uniti gli Eagles ed i tifosi del Calcio Como perché in questo momento di crisi tutti siamo concordi nel dire: «Noi vogliamo questa vittoria!».

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