Calcio e i morti di Sla
Intervista al dott. Volpi

Anastasi e Rensenbrink gli ultimi due decessi. Sul giornale di oggi parla il medico dell’Inter ex giocatore del Como

Dopo le morti, nello scorso anno, dei calciatori Marco Sguaitzer (60 anni, ex gloria del Mantova) e Giovanni Bertini (68 anni, stopper di Roma e Fiorentina) e le più recenti di Pietro Anastasi (71 anni, emblema della Juventus e della Nazionale) e ancora dell’asso olandese Rob Resenbrink (72 anni, idolo della mitica nazionale dei “tulipani” di Johan Cruijff) il mondo del pallone ripiomba nell’incubo Sla: la Sclerosi laterale amiotrofica.

Una malattia degenerativa, che colpisce le cellule cerebrali preposte al controllo dei muscoli, compromettendo progressivamente i movimenti della muscolatura volontaria: una lenta e sofferta condanna a morte nella piena lucidità del malato.

Nell’ultimo ventennio si era arrivati a stabilire che di fatto non vi era nessuna relazione provata tra calcio e Sla. Tuttavia, gli ultimi studi, in particolare quello dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, hanno riaperto la discussione. Studio secondo il quale i calciatori professionisti si ammalano di Sla mediamente molto di più (quadi due volte) rispetto alla popolazione generale.

Senza voler creare allarmismi, ma avendo “vissuto sul campo” i casi strazianti di giocatori di Como e Lecco, quali Stefano Borgonovo e Adriano Lombardi, abbiamo voluto però sentire il parere di un esperto che da molti anni tiene monitorato, a livello sanitario, il mondo del calcio, ce on grande attenzione l’evolversi di questa tremenda e spietata malattia. Ci riferiamo al dottor Piero Volpi, affermato ortopedico, responsabile sia del reparto del ginocchio e traumatologia dello Sport all’Istituto Clinico Humanitas che soprattutto del settore medico dell’Inter, una sua seconda casa. Ma anche ex calciatore di Lecco (in C dal 74 al 77 con la vittoria di una Coppa Italia e una Coppa Anglo italiana) e Como (dal 79 all’81 fra serie B e serie A).

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