Gomis, dal mondiale al Como: «In Italia per dire ancora qualcosa»

Il personaggio «La differenza l’ha fatta l’insistenza con cui il Como mi ha cercato. È bello sentirsi apprezzati»

Personaggione, Alfred Gomis. Un tipo che non ha paura di argomentare, di chiacchierare anche di temi non propriamente tecnici, insomma, non uno di quelli che si limitano a dire «diamo il massimo», oppure «ogni partita è difficile». Guarda tutti dall’alto, dalla sua statura di 1.96, ma non in senso di supponenza: dà l’impressione di essere un ragazzo profondo, convinto e grato anche per le emozioni vissute in carriera. Le giovanili del Toro, poi girovago in Italia (Crotone, Cesena, Avellino), i due anni di A nella Spal davanti a Meret. Poi la scelta di andare in Francia, che gli ha fruttato, nel Rennes, presenze in Champions League e la convocazione nel Senegal, alla Coppa d’Africa (vinta) e al Mondiale in Qatar. Finito ai margini al Rennes per problemi di rapporti, eccolo tornare in Italia. Contratto di sei mesi, in prestito, poi si vedrà.

Buongiorno Gomis. Scusi la banalità,ma... cosa ci fa a Como?

Semplice. Sono stato cercato con forza. Poi possiamo aggiungere tante altre cose, che volevo tornare in Italia a chiudere il cerchio, che avevo anche altre offerte. Ma la differenza l’ha fatta l’insistenza con cui il Como mi ha cercato. È bello sentirsi apprezzati. Così ho detto: non importa se c’è da fare un piccolo passo indietro, è una bella occasione.

Cosa sa del Como?

Quello che ormai sanno tutti. Un bel progetto, ambizioso. La volontà, adesso, di tirarsi fuori da una situazione di classifica da sistemare. Ma ci sono i presupposti per farlo.

L’impatto?

Tutto bene. Devo ancora scoprire tutto, anche della città, non ho ancora fatto nemmeno due passi in centro. Però tutto bene, esordio a Brescia con un successo, la gente contenta. Bene, no?

Come è stata la prima partita? Abbiamo visto quell’uscita in cui non si è capito se era un azzardo oppure se fosse tutto sotto controllo.

Tutto ok, sono andato a prendere la palla nel punto più in alto della traiettoria, ma nessun problema.

Gomis era andato via dall’Italia perché...

Perché non mi sentivo apprezzato sino in fondo. C’era sempre qualcosa da dire, allora ho cambiato per prendermi delle soddisfazioni. Dare delle risposte.

Trovate?

Direi di sì. Quando mi chiedono se lo rifarei, rispondo di sì, perché l’esperienza dei tre anni in Francia mi ha dato la possibilità di fare esperienze, tipo in Champions League, che forse in Italia non avrei fatto perché la Champions in Italia la fanno l’Inter, la Juventus o il Milan e non è per nulla certo, anzi, che una di queste squadre mi avrebbe dato una possibilità.

Adesso con che spirito torna in Italia?

Riallaccio i fili della storia. Sono nato in Senegal, ma sin dalla giovane età sono stato in Italia, ho cominciato dalle giovanili del Torino, normale che abbia un discorso da terminare. Poi, alla fine dei sei mesi non si può immaginare cosa succederà. Intanto giochiamo, poi vediamo.

Come è cambiato il calcio italiano da quando se ne è andato a oggi?

Domanda facile e risposta facile: che quando sono andato via io, a nessuno sarebbe venuto in mente di affidare il ruolo del portiere a un numero 1 africano. Sono tornato e mi ritrovo con due squadroni citati prima su tre con portieri neri, Maignan e Onana. Vuol dire che i pregiudizi sono finiti. Mi ricordo quando ero ragazzo che si diceva: un portiere nero? E perché? Impossibile.

C’è anche razzismo in questo?

Mah, la cosa più importante è che il calcio africano è cresciuto molto. Adesso il Marocco ha fatto quello che nessuno era mai riuscito a fare, raggiungere una semifinale mondiale. In questo in Africa ci si sente molto più continente rispetto all’Italia. Qui se vince la Francia non è che necessariamente i tifosi dell’Italia sono contenti. In Africa è diverso.

Perché dopo la possibilità della convocazione in azzurro poi ha scelto la nazionale del Senegal?

Motivi extracalcistici. Capitò in un mio viaggio nel mio paese. Vidi cose molto brutte, che mi segnarono. Decisi che avrei giocato per il Senegal per essere anche un esempio per chi voleva cambiare le cose.

La gioia più bella in carriera?

Aver vinto la Coppa d’Africa, perché ho visto una gioia della gente impressionante. Quanto regali gioia è una bella sensazione.

Spesso si parla di razzismo in Italia. Lei arriva da una esperienza in Francia. Può fare paragoni?

Facile. Se in Francia ci sono 5mila persone di colore in tribuna è molto più difficile che il resto dello stadio si metta a fare certe cose, anche solo per il piacere di dileggiare e non per razzismo.

È vero che legge molto?

Sì, mi piacciono le autobiografie. Sportive ma non solo sportive. Leggere è importante per aprire la mente.

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