Bertolasi: «Cara Lario
ti auguro altri 130 così»

Atleta, consigliere, direttore sportivo e bandiera. Bandiera di un vessillo, quello bianconero della Canottieri Lario, che non smette mai di sventolare

Centotrent’anni e una settimana. E quel profumo, intenso, che sa di storia. Te ne accorgi passeggiandoci, dentro e fuori la sede di viale Puecher a Como. Ma che ti arriva forte quando sono i protagonisti ad aprire l’album dei ricordi. E a raccontarsi e a raccontare, come ha fatto Sara Bertolasi, 32 anni. Che qui è stata, è e sara tutto: atleta, consigliere, direttore sportivo e bandiera. Bandiera di un vessillo, quello bianconero della Canottieri Lario, che non smette mai di sventolare.

Ma com’è questa storia che sognava di andare alle Olimpiadi nel ciclismo??

Diciamo che sognavo di andare alle Olimpiadi, fin da piccola. E che ho praticato il ciclismo, ma non c’è voluto tanto a capire che era meglio far dell’altro.

In che senso?

Nel senso che fino ai 15 anni non avevo mai fatto sport. Sono stata libera di scegliere e i miei genitori non mi hanno mai spinto. Poi mi è arrivata questa idea di provarci con le due ruote, nella speranza di finire un giorno ai Giochi. Tre anni di esperienza, poco più, ma il tempo più che altro di incrociare spesso autoscopa o ambulanza, i mezzi cioè che chiudevano la gara.

Cambio di disciplina, ma sempre un chiodo fisso...

Assolutamente sì. Tra i 18 e i 19 anni ho provato con la Canottieri Varese. Mi aggregarono al gruppo dei bimbi, quelli che uscivamo per la prima volta, e io salivo in barca con la mia divisa verde da ciclista. Però da lì è iniziato tutto: 2007 primo successo importante in singolo e 2008 la partecipazione a un Mondiale assoluto.

Poi il salto di là della barricata, dai cugini comaschi...

Per Varese era un periodo di incertezza, la conclusione di un’annata particolare, tra nuovi obiettivi da porsi e cambi di allenatori. Io stessa dovevo capire cosa fare da grande con l’Università, ecco allora arrivare a fagiolo l’opportunità della Canottieri Lario.

Che per lei era?

Prima ancora che per me, era una società importantissima, di gente che mi è subito piaciuta. Anche allora c’era Leonardo Bernasconi, che segnerà poi la mia seconda parte di esperienza. In più trovavo un allenatore di altissima qualità, Stefano Fraquelli, e una compagna, Claudia Wurzel, l’ideale per inseguire il sogno sul due senza. Insomma, una concatenazione di aspetti positivi.

Per lei fu la svolta.

Senza dubbio. Con la possibilità di vivere da professionista, scelsi di trasferirmi da Busto Arsizio a Como e di lavorare al mattino, nell’azienda di Enzo Molteni, il presidente che mi volle fortemente e che mi aprì il mondo Lario.

Scelta di sport e di vita, allora.

Anche professionale. Con una dirigenza così attenta e presente, fin da subito ho intravisto la possibilità di un’ascesa personale. Aiutata dal fatto che qui dall’inizio tutti mi hanno fatto sentire a casa. Anche i soci. Molto carini e affettuosi, e questo, credetemi, non è affatto scontato. Ma è un plus che permette di esprimersi al meglio, grazie anche a tecnici preparati e a un gruppo agonistico così competitivo da risultare uno stimolo continuo.

Vista da fuori, dato anche che la sua è una famiglia pane&canottaggio, com’è la Canottieri Lario?

Una società storica e a ricordartelo, ad esempio, c’è quella gigantografia di Giuseppe Sinigaglia in sala voga. Un’atmosfera che ti fa capire bene fin da subito che il club ha radici ben piantate e sa bene quel che vale e quanto potrà fare ancora in futuro.

Aria che lei ha respirato e sta respirando a pieni polmoni...

A spiegarti dove sei capitata non ci sono solo le centinaia di trofei e i risultati di 50 e più anni fa. Ma è la gente, le persone che vivono la società. Che hanno fatto la tradizione e scritto la storia di questi 130 anni. L’avrete capito, questa è una società modello e ogni persona è un tassello importante della vita del club: dall’addetto che ti apre il portone con un sorriso al presidente che ti chiama dopo ogni regata, al di là di quello che è stato il risultato.

Un substrato sportivo e sociale dove lei ha potuto porre le basi per una grande carriera e per scrivere un pezzettino di storia.

Vi spiego i due motivi per i quali io e Claudia (Wurzel, ndr) siamo sulla fotografia nella piccola sala pesi in sede: perché siamo stati l’equipaggio tutto societario a conquistare nel 2011 la partecipazione ai Giochi di Londra e perchè proprio lì siamo stati il primo due senza femminile della storia della Federazione ad arrivare a un’Olimpiade.

E ci siete andati con i colori della Lario sotto il body della Nazionale...

Un grande orgoglio. Mi ricordo ancora il 1° settembre del 2011 quando conquistammo la certezza di parteciparvi. Non mi resi, e forse non mi sono ancora resa conto, dell’impresa, tanta era la gioia personale. Da quel momento, ancor di più, il mio cuore batte per Como, anche se sono tesserata per la Canottieri Milano e inseguo un altro sogno olimpico, ma lo stesso resto un consigliere del direttivo Lario.

Scelta difficile da prendere...

Scelta che arriva subito dopo la finale B della seconda Olimpiade, a Rio. Lì, con certezza e determinazione, avevo deciso che sarebbe stata la mia ultima gara e lo annunciai anche al mondo.

Per cominciare una nuova avventura.

Il presidente Leonardo Bernasconi e il suo vice Maurizio, che mi vogliono e ai quali voglio un gran bene, mi diedero la possibilità di far parte della squadra. Accettai con entusiasmo, optando per il ruolo di direttore sportivo, che era poi quello che ritenevo più consono e vicino alla mia esperienza. Nel frattempo cominciai lavorare a Milano. come istruttrice per gli amatori e un po’, ve lo devo dire, non troppo segretamente mi allenicchiavo pure.

Tanto che...

Tanto che i dirigenti della Canottieri Milano mi chiesero perché non riprendessi. Era il tempo in cui alla Lario si era deciso di non avere più atleti professionisti e per me, che nel frattempo avevo ritrovato la voglia, arrivava una nuova possibilità professionale: remare guadagnando qualcosa e con un solo obiettivo, quello di tornare a un’Olimpiade. Ma avevo una remora, non volevo correre il rischio di compromettere le cose in Consiglio alla Lario. Ne parlai apertamente, senza misteri. Sapete chi sono stati i primi a spronarmi? Leo, Maurizio e il consiglio, gente straordinaria, per bene e di cuore. Che vuole solo il bene di questa società.

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