Controffensiva Cantù: il sì
del territorio al piano americano

Dopo la fredda risposta di Gerasimenko, l’idea è quella di unire più forze locali. Per dare un appoggio concreto ai futuri acquirenti

Se c’è una cosa, in questo momento, che manda letteralmente ai matti Dmitry Gerasimenko è l’iper produttività (altrui) a livello di reperimento di risorse economiche. Non che sia un male, anzi, visto che vale la sopravvivenza. Ma il patron della Pallacanestro Cantù, nel bene e nel male, fatica a togliersi di dosso i retaggi di quella “sindrome da accerchiamento” che ha manifestato fin dai primi passi nell’ambiente.

Fatica a star sereno, insomma. Ma siccome chi è rimasto deve necessariamente cercare di mettere assieme il pranzo con la cena, anche alla luce dell’annuncio di dismissione da parte della proprietà, il bussare a quante più porte possibile diventa una sorta di necessità. Marketing, martketing, marketing. Inevitabile. Marketing a manetta, dunque.

Un po’ come scritto nel “piano Zomegnan-Mauri”, ovvero una sorta di zibaldone con dentro le ricette per vivere, al fianco di una proprietà sicura e stabile, nei prossimi tre/cinque anni. Parte fondamentale del programma è - e non potrebbe essere altrimenti - è il coinvolgimento del territorio. E, non preso in considerazione, ai tempi, da Irina Gerasimenko, allora presidente, è tornato prepotentemente di moda adesso.

Perché gli americani, per primi, hanno gradito questa forma di collaborazione attiva. Addirittura l’avrebbero pretesa. In tutti e tre gli ambiti (ecco perchè marketing, marketing, marketing): squadra, società e (nuovo) palazzetto. L’osmosi si materializzerebbe sotto forma di adesione a Tic e al neo nascituro Consorzio di aziende, di contratti pubblicitari e di sostegno a vario livello. E ad ampio raggio, dentro e fuori Cantù e l’Italia.

I primi ad aver depositato una richiesta ufficiale, per iscritto, sono stati proprio i rappresentanti della multinazionale a stelle e strisce. E sono stati anche i primi a incassare un “niet” da Gerasimenko. Che, più che intenzionato a concentrarsi sulla sistemazione delle posizioni relative alla Pallacanestro Cantù, sembra orientato a rientrare, il prima e il più possibile, dall’investimento fatto per acquistare il Pianella - e l’area del - e per il lungo lavoro di progettazione.

La reazione? Dire che gli emissari sono rientrati scossi alla base sarebbe un’esagerazione. Di certo non si aspettavano un avvio così in salita. Ma non si molla, al contrario. Già ieri, infatti, ci sono stati altri incontri. La speranza, manco a dirlo, sarebbe quella di ammorbidire il patron russo. Convincendolo a scendere a consigli un po’ più miti.

Nel frattempo, comunque, prende corpo una controffensiva in salsa nostrana. E cioè, cercare di dare un segnale forte all’acquirente americano. Come? Dando nuovo impulso all’ingresso, nelle sue varie forme, di forze locali. Anche in ottica palazzetto e quindi non solo dal punto di vista del supporto societario (e giusto gli dei del basket sanno quanto serva in questo frangente...). Per cui garantire un supporto forte anche nel discorso della struttura potrebbe significare fare continuare in maniera costruttiva la trattativa di acquisizione del club.

Perchè il pacchetto, così come il business plan, prevede entrambe le cose, non disgiunte. Per cui ingresso in società e acquisto del Pianella, per poi portare a compimento anche la costruzione in tempi brevi. Così, tra fuga di coach Pashutin, prime reazioni di Gerasimenko e possibili evoluzioni della vicenda, si cerca di tenere la barra più dritta possibile. Pensando al futuro con ancora ottimismo. Il tempo è un avversario ostico e che gioca contro, ma la potenza della multinazionale potrebbe aiutare. Sperare non costa nulla, anche in momenti drammatici come questi.

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