«Devo portare qualità
soprattutto in difesa»

Intervista con Jordan Bayehe, centro camerunese della San Bernardo. «Giocando da “5” serve che diventi un punto di riferimento dentro l’area».

Domani diventerà ventunenne e saranno cinque anni e mezzo che ha lasciato la sua terra e la sua gente. Era infatti l’aprile 2015 quando partì da Yaoundé, capitale del Camerun, per venire a cercar fortuna in Italia. Con un solo obiettivo: diventare un cestista professionista. Traguardo raggiunto, ma da quel giorno Jordan Bayehe non ha più fatto ritorno a casa. E non ha più riabbracciato la sua famiglia. Famiglia, peraltro, in formato maxi poiché lui ha sette fratelli, da Madò - la più grande dall’alto dei suoi 35 anni - a Jovani, il piccolino del gruppo, classe 2008.

Ma non le mancano i “suoi”?

«Certo che sì, anche perché a unirci c’è un ottimo rapporto. Coltivato e rinsaldato magari solo via skype in tutti questi anni. Insomma, ci parliamo e confrontiamo spesso. Ma quando me ne sono andato avevo fatto una promessa a me stesso oltre che ai miei: sarei tornato solo una volta diventato giocatore professionista. Avrei dunque potuto farlo la scorsa estate, ma il covid lo ha impedito. Sarà così per la prossima, di estate...».

Lasciamo gli affetti per focalizzarci sul basket. Com’è stato l’impatto con la serie A per lei che più su dell’A2 non si era ancora arrampicato?

«Come l’aspettavo. Nel senso che in queste tre partite di campionato, aggiunte alle sei di Supercoppa, ho avuto molte difficoltà. Ed è appunto ciò che mi attendevo per questo mio primo step di cambio di livello».

E più in generale l’atterraggio nel mondo canturino?

«Super. In campo ha trovato uno staff tecnico di alto livello e compagni di qualità. E quando vanno bene le cose lì, di conseguenza vanno bene anche al di fuori. Sono davvero felice di aver fatto questa scelta».

Intanto le è già capitato di affrontare tre volte Luis Scola nonché di scontrarsi con Kyle Hines, due campioni che sino a qualche mese fa poteva incrociare soltanto guardandoli in televisione...

«Confesso che è stata un’emozione veramente grande. Perché un conto è supporlo, altro è vedere che si avvicina il momento e che tocca proprio a te marcarli... E queste sono motivazioni che ti spingono a dare tutto in allenamento. Non puoi insomma concederti nemmeno mezza giornata di libertà o di cazzeggio, perché devi sempre darci dentro».

Parliamo di Scola.

«Durante il periodo del lockdown è stato uno di quelli che più ho osservato nei video e mi ha colpito la sua capacità di leggere i difensori e i tempi rapidi di reazione con cui riesce a trovare la giocata giusta per mettere subito in difficoltà chi lo marca».

E ci sarebbe pure un aneddoto da svelare...

«In una sfida di Supercoppa a Varese mi sembra di difenderlo con una certa efficacia e a un certo punto riesco anche a stopparlo. Allora, preso dalla foga, gli pianto un urlo in faccia. Era un urlo liberatorio, di certo non volevo irriderlo. Me ne rendo conto un secondo dopo e a gioco fermo vado da lui per scusarmi, a testa bassa. E che fa Scola? Mi dice “good job” (bel lavoro, ndr): incredibile, mi ha fatto i complimenti. E qui comprendi la dimensione della persona oltre che del giocatore. Altri, ben più “piccini” di lui, quando affrontano un ragazzo come me usano il prestalking per intimorirlo».

Quanto a Hines?

«Parliamo di un lungo che ha dato una dimensione diversa al basket in Europa. La sua storia l’avrò letta una decina di volte e in ogni occasione ha catturato la mia attenzione oltre che la mia fantasia. È un vincente, uno che riesce sempre a fare la cosa giusta al momento giusto».

Lei è del 1999, il suo compagno di reparto, Kennedy, del 1998. Entrambi dunque molto giovani, eppure Bayehe sembra un po’ più sgamato, quantomeno in difesa. Concorda

«Kennedy lo sto scoprendo anch’io come lo state scoprendo voi, per cui non mi soffermo su di lui. Nel mio caso sono conscio di dover dare un’importante qualità di gioco soprattutto in difesa. Sono cresciuto così perché sin dalle giovanili mi è stato trasmesso questo concetto. Concetto che peraltro mi è sempre piaciuto parecchio».

Riguardo il bagaglio tecnico, qual è l’aspetto da dover innanzitutto mettere a posto?

«Sto giocando da “5” e quindi devo imparare a diventare un punto di riferimento dentro l’area. In seguito potrò cercare di aprire di più il campo con quel gioco frontale che mi porto dietro dalle mie stagioni da ala grande».

Nel derby è stato protagonista di un’interessante prestazione, eppure non ha catturato un solo rimbalzo. E sono 5 complessivamente nei 35’ di serie A. Pochini per un lungo.

«Può capitare, anche se con Pesaro ne ho strappati tre in un paio di minuti. Comunque sono un rimbalzista e le mie stagioni precedenti sono lì a dimostrarlo».

All’esordio a Bologna, 1 su 4 alla lunetta, domenica a Masnago 5 su 5. Qual è il vero Bayehe

«Quello più recente, tenderei a dire... Battute a parte, arrivo a Cantù come tiratore da 60% e per questo ho lavorato molto ai liberi nel corso dell’estate. In effetti il 25% con la Virtus mi ha deluso».

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