Fioretti ha riportato Cantù
in una finale scudetto

Tre “canturini” da una parte e due dall’altra. La finale scudetto Reggio Emilia-Sassari propone volti conosciuti al pubblico biancoblù poiché si tratta di gente che è passata di qui.

Chi più indietro negli anni, Rimantas Kaukenas, chi in stagioni più recenti, Andrea Cinciarini e Jeff Brooks, chi addirittura quest’anno, vale a dire Cheikh Mbodj. E poi c’è Flavio Fioretti - non esattamente uno transitato casualmente per la Brianza bensì un figlio di questa terra poiché le sue radici affondano nella città del mobile - primo assistente di coach Max Menetti alla Grissin Bon che conduce 1-0 la serie dopo aver vinto con autorità e apparente tranquillità la prima partita contro la Dinamo.

Flavio Fioretti è alla sua seconda finale tricolore: la prima, datata 2010-2011, quando era a Cantù con Trinchieri. Differenze? «Personalmente, con Cantù era partito da zero e quello fu il traguardo a coronamento di un lungo percorso. Questa è invece una scommessa di quattro anni fa quando scelsi di scendere in A2 con Reggio. Ora questa società è tra le migliori in Italia perché ha saputo puntare sulla qualità delle persone, affidando loro un progetto, investendo sui giovani e sugli italiani che adesso sono autentici protagonisti». «A livello tecnico la finale Siena-Cantù aveva un valore più alto - puntualizza -. Ma se la Mens Sana era decisamente più favorita nonostante una Bennet composta da fior di giocatori, tra noi e Sassari la sfida è molto più equilibrata, direi 50 e 50».

L’intervista integrale sull’edizione de La Provincia in edicola martedì 16 giugno

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