Il Pierlo e Nembo Kid, i “Giganti”
La celebrazione di due leggende

La storica rivista di basket ha celebrato alla Bcc Marzorati e Riva

La celebrazione di due leggende. Questo il senso più autentico dell’appuntamento andato in scena ieri sera nella sala Zampese della Bcc di Cantù in occasione della presentazione di un numero davvero speciale della nuova serie de “I Giganti del Basket”.

Infatti, quello di dicembre della storica rivista è un numero doppio. Perché dedicato sia a Pierluigi Marzorati sia ad Antonello Riva. Le due leggende, appunto. Del basket canturino, italiano e internazionale. Due moloch, le cui gesta sono raccontate, dentro quelle pagine, da una pluralità di firme. Giornalistiche e di eccellenze tout court della pallacanestro. Platea di grido, ieri, tra giocatori e tecnici che hanno segnato un’epoca. Glorie autentiche e aneddoti ormai divenuti epici. E non è passata inosservata la presenza della Nazionale Under 16, in ritiro proprio a Cantù. Benedetti giovani, qui c’è veramente tanto da apprendere e da imparare...

E ora un blob di spunti “d’autore” che riguardano il Pierlo. Valerio Bianchini: «Figlio di una Brianza “calvinista”, con l’etica del lavoro, Marzorati aveva una chiara vocazione alla leadership e rappresentava un modello mai visto prima in Italia». L’inedito postumo di Arnaldo Taurisano: «L’ho reclutato a 15 anni, impressionava già tutti. Aldo Giordani, il grande giornalista, al primo sguardo disse “Ecco un nuovo campione”».

Carlo Recalcati: «Sono stato il primo consigliere e confidente di Pierluigi. E ho favorito la sua precoce promozione a regista titolare, anche perché mi conveniva: chi lo teneva negli uno contro uno?». Dan Peterson: «Il suo coast-to-coast me lo sogno ancora di notte: infermabile. Ma l’intelligenza sul campo faceva ancor di più la differenza». Roberto Brunamonti, team manager della Nazionale: «Che soddisfazione quando la Gazzetta scrisse di me che era nato il nuovo Marzorati: era l’esempio di tutti noi. Lo presi come un auspicio per seguire le sue orme nel club e in Nazionale».

Sotto poi con l’Antunel. Bianchini: «A 16 anni aveva un jump-shot da Nba, a 18 era già tra i grandi. Lo chiamavano Nembo Kid: granitico, determinato, essenziale. Un sogno allenarlo».

Peterson: «Il suo rilascio sembrava un “ciao”, ma preludeva a un missile. E non era solo tiro: tecnica, atletismo, agonismo. Per me, una spina nel fianco». Recalcati: «A 14 anni aveva già un fisico sorprendente, forgiato anche spostando piastrelle». Meo Sacchetti, ct azzurro: «Naturalmente non ha creato problemi solo a me, ma a tutti quelli che ci giocavano contro. Mi farebbe comodo uno come lui nella Nazionale che mi onoro di allenare».

Serata di emozioni. E di infinita riconoscenza nei riguardi di quei due fenomeni, l’uno con il numero 14, l’altro con il 12. Due tesori. Per sempre.n

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