Italiani all’arrembaggio
nella Cantù che vince

C’è stato molto, soprattutto di Pecchia e Simioni, nel bel successo contro Trento

Il primo tributo è giunto nell’immediato post partita dal personaggio più adeguato per rilasciare certi tipi di commenti. «Voglio complimentarmi con gli italiani perché, soprattutto nel primo tempo, hanno dato la spinta a raggiungere la vittoria, grazie al loro impeto offensivo ma anche grazie al loro atteggiamento difensivo». La frase è stata pronunciata nella conferenza stampa del dopo gara Cantù-Trento dal coach dell’Acqua San Bernardo, Cesare Pancotto. Un riconoscimento, il suo, che per i destinatari della dichiarazione è musica per le orecchie perché giunge appunto direttamente dal loro allenatore. Dopodiché, i complimenti nei loro confronti si sono sprecati, a destra e a manca, ma la provenienza degli stessi non poteva certo avere la stessa autorevole valenza di quella derivante dalle parole del tecnico di Porto San Giorgio.

Dai mittenti ai riceventi, ovvero Andrea La Torre (segnatamente per quanto riguarda la difesa), Andrea Pecchia e Alessandro Simioni, con gli ultimi due finalizzatori in attacco, avendo contribuito con 24 punti complessivi, 21 dei quali nella prima metà di gara, quando l’intera squadra ne aveva prodotti 45. Un’incidenza offensiva decisamente anomala - lo si può evincere dall’articolo pubblicato a lato - quella dei due giovani (l’esterno spegnerà 22 candeline tra un mese, il lungo ne ha compiuti 21 lo scorso marzo) interpreti biancoverdi in funzione dell’abituale produzione offensiva di una squadra a matrice largamente americana.

«Il mio non lo definirei un exploit - sostiene Simioni, autore di 10 punti nel solo 2° quarto - anche se entrare dalla panchina e segnare così, con quelle percentuali, ammetto che non sempre possa capitare ed è un po’ il sogno di tutti quanti perché è davvero troppo bello». Il 2.06 di Cittadella descrive il “viaggio” che l’ha portato sin qui. «Quando ho firmato per Cantù ero consapevole del notevole salto di livello che avrei dovuto affrontare provenendo dall’A2. In effetti, ci ho sbattuto il muso ma non mi sono mai demoralizzato anche se non è stato semplice. Pian piano è affiorata la consapevolezza che è andata di pari passo con la fiducia. Sto ancora prendendo le misure, ma credo di essere sulla strada giusta per poterci stare a questi livelli». E quando lo si interroga riguardo il prossimo step da compiere, il giovanotto non ha dubbi: «Dare continuità a ciò che si è visto ieri (domenica, ndr) e continuare a offrire un determinato apporto alla squadra. Perché se restasse fine a se stessa, non varrebbe nulla».

Da Simioni a Pecchia, con quest’ultimo che ha azzannato immediatamente la partita dando l’impressione di essere molto più coinvolto dai compagni rispetto alle gare precedenti. «Vero, i compagni mi hanno cercato parecchio - sostiene il milanese di 1.97 - perché, più in generale, ciascuno di noi ha cercato molto di più l’altro per provare a giocare decisamente più di squadra. Dopodiché sono subito uscite alcune situazioni di gioco che mi hanno portato a concludere in prima persona». Ed è parso un autentico assaltatore... «Mi ci ritrovo in questa definizione perché in effetti mi si addice essendo uno che va spesso all’assalto. Mi piace infatti spingere sull’acceleratore e prediligo l’attacco al ferro al tiro da fuori. Ciò detto, sono il primo a riconoscere che devo migliorare molto il mio tiro così da costruirmi anche un altro status. Soprattutto, devo avere maggior fiducia nel tiro».

Pecchia rifugge dall’ipotesi che quella con Trento possa essere stata la partita di una certa sua consacrazione. «Per carità, devo ancora dimostrare un sacco di cose. Diciamo che avevo solo una gran voglia di vincere. E io che sono uno che prende molta energia dal pubblico, vorrei ringraziare tutti i tifosi del PalaBancoDesio per l’incessante sostegno che ci hanno manifestato. Il mio plauso sia agli Eagles sia all’intero palazzo».

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