La fragilità della serie A
è di non essere movimento

L’intervento settimanale di Gianni Corsolini, titolare della rubrica “Ai lov dis gheim”.

Un mercato se non ricco intelligente, perché il ritorno di Leunen a Cantù e il passaggio di Scola a Varese sono mosse intelligenti che pareggiano i colpi di Milano, Virtus e Fortitudo. E l’impressione è che tutto il gruppo sia migliorato.

Ma ancora non si sa quando e come si giocherà, ed è evidente che se i palasport non saranno aperti al pubblico possiamo chiudere subito, non abbiamo la forza televisiva che ha l’Nba per trasformare il campionato nella bolla di Orlando nella più grande manifestazione sociale mai organizzata dallo sport.

E come ci mancano notizie sui palasport, e pure sulla ripresa della attività di base bisognerebbe aggiungere, perché di questo problema, serissimo, si è parlato troppo poco, così non possiamo esultare per la conferma di un campionato pari, con 16 squadre, perché a tanto siamo arrivati solo per inerzia, e non aggiungo altro per non offendere gli sforzi di Cremona e Virtus Roma che dimostrano la fragilità economica del movimento. Anzi, la fragilità della serie A è proprio quella di non essere movimento.

Lo abbiamo visto in questi mesi: basket scomparso sui giornali, sopravvissuto solo nel web, come se la stampa non dovesse essere, anche perché in gran parte vuole esserlo, la più grande alleata.

Fin dal mio primo arrivo a Cantù ho sempre cercato un rapporto, amichevole e profondo, con i giornalisti, senza aver la pretesa, che hanno avuto altri, anche recentemente, di farli vivere sotto dittatura, senza accettare le loro critiche che sono poi suggerimenti.

Non mi sono mai permesso, e nemmeno l’ho pensato possibile, di chiedere l’allontanamento di un giornalista. Anche perché una lunga storia mi porta a pensare che il basket, e la Pallacanestro Cantù, porti bene a chi se ne deve occupare.

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