La Libertas e il virus: «Una doccia gelata
E tutti subito a casa per evitare contagi»

Il tecnico di Cantù racconta il sabato surreale, con il rinvio del match con Bergamo. «Ci hanno avvisati durante l’allenamento dei quattro positivi e i ragazzi si sono spaventati».

«Una doccia gelata, ma in realtà ce l’aspettavamo». La notizia della positività di quattro giocatori – oltre a un componente dello staff – i ragazzi della Pool Libertas l’hanno avuta mentre stavano tutti assieme.

«Ci hanno avvisati durante l’allenamento – conferma l’allenatore Matteo Battocchio - e siamo tornati tutti a casa. I ragazzi non erano contenti perché chiaramente si sono spaventati. Non è una situazione facile, né bella. Per quanto mi riguarda ho sempre messo al primo posto la loro salute: voglio bene ai ragazzi e mi preoccupo che stiano bene».

Giocare contro Bergamo, domenica al PalaFrancescucci, sarebbe stato impossibile. Troppi quattro tesserati fuori gioco anche solo per pensare di affrontare la Agnelli Tipiesse. Ora, però, c’è da guardare avanti, e farlo in fretta. In attesa dei tamponi rapidi di questa settimana, niente allenamenti e quarantena per tutti.

All’esito dei test il compito di stabilire cosa accadrà di qui in poi. «Portiamo avanti il nostro lavoro finché ci sono le condizioni per farlo; ora non ci sono e, dunque, siamo fermi», prosegue Battocchio pensando che, comunque la si veda, la serie A2 – esattamente come la SuperLega – non debba fermarsi.

«Dobbiamo portare avanti il nostro campionato. La pallavolo non può permettersi né come immagine né per i giocatori una cosa come quella accaduta l’anno scorso. Se avvenisse di nuovo (chiaro il riferimento al taglio degli stipendi subito da buona parte dei tesserati delle categorie minori) non so quante persone potrebbero rimanere ancora in questo mondo. Lo ripeto: il campionato deve andare avanti, e sono fermamente convinto di questa cosa. Quando il danno è per tutti, del resto, il vantaggio è per nessuno».

Per l’allenatore canturino non ci sono particolari ricette da mettere sul piatto. In sintesi, si gioca quando si sta bene, ci si ferma immediatamente, invece, quando qualcosa non va. «Quando si sta bene si gioca, anche ogni tre giorni. Se per assurdo avessimo avuto soltanto due positivi (la possibilità di chiedere lo spostamento della gara è concessa oltre i tre tesserati positivi) noi avremmo giocato, con il rischio che qualcuno, in fase di incubazione, sarebbe risultato positivo di qui a tre giorni. In tutto ciò non c’è logica», prosegue.

Ecco dunque che, a positività confermata, a Battocchio non è restato che decidere per il rompete le righe in attesa di nuovi sviluppi. «Ho mandato i ragazzi a casa per evitare il rischio di ulteriori contagi. L’umore, ovviamente, è quello che è: siamo tutti consapevoli della situazione in cui siamo, siamo molto uniti e determinati anche su questo aspetto. Siccome il virus continua a circolare, però, se uno è a rischio non deve giocare. Questo, per essere sicuri di non mettere a rischio gli altri. Sappiamo che non si può avere mai la certezza assoluta, ma ritengo giusto giocare, anche due partite la settimana, finché si ha la ragionevole convinzione che i positivi siano isolati. Nel momento in cui si ha anche il minimo dubbio che così non è, però, non si deve scendere in campo», conclude.

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