«La nuova Arena di Cantù
sarà una cosa mai vista in Italia»

A La Provincia parlano in esclusiva i manager del colosso americano Asm Global

Eccoli qui. I manager di Asm Global, partner di Cantù Next per la realizzazione e soprattutto la gestione della nuova Arena di Cantù, per la prima volta parlano a La Provincia. E raccontano il loro progetto, il nuovo palazzetto (guai a chiamarlo così, però!), e svelano la filosofia di un impianto che rappresenterà un unicum in Italia.

Una svolta nel modo di intendere il luogo dove disputare le partite di basket. Una struttura che farà diventare Cantù, questa è la mission, centro di un enterteinment a 360 gradi. Tom Lynch, inglese, vicepresidente della Asm Global (la sede europea è a Manchester), e Giuseppe Rizzello, project manager della stessa (con un lungo passato all’Inter) hanno approfittato della visita in Italia per raccontare il progetto.

Si sono accavallati nelle risposte: una voce sola. Come abbiamo scelto di fare noi per raccontare questa chiacchierata.

Potete spiegare perché quello di Cantù sarà un progetto rivoluzionario?

L’Arena sarà un impianto 3.0, in un territorio dove per la maggioranza ci sono impianti 1.0, qualche volta 2.0. Ma questa è un’altra cosa.

Perché questo palazzetto sarà così nuovo?

Intanto non chiamatelo palazzetto. Il nome esatto è Arena.

Ok, ma qui la tradizione lo ha sempre chiamato così...

Va bene, allora parliamo di palazzetto all’interno dell’Arena. Cambia la filosofia di approccio. Non un’Arena che dopo essere costruita si cerca di far funzionare e far rendere al meglio, ma un idea di business plan sulla quale viene costruito l’impianto. Il basket sarà solo un aspetto della questione. Per certi versi il più importante. Ma certo non l’unico. Anzi.

Cosa dobbiamo aspettarci?

Lavoreremo su un calendario di 50 eventi extra basket. Potremo differenziare le discipline sportive. Abbiamo appena trovato gli equilibri per poter realizzare una pista di ghiaccio, accessibile alle persone, ma anche teatro di spettacoli on ice; pensiamo al pugilato, all’atletica e anche alla ginnastica. Ci sarà lo show. Concerti di livello, magari con quella formula americana per cui un artista resta a esibirsi per qualche settimana nello stesso luogo. Musica, artisti di livello; e perché non la lirica d’estate quando i grandi teatri sono chiusi. Sin qui lo show.

C’è altro?

Il programma delle convention, dei congressi. Siamo in un’area molto industrializzata, con Milano vicino. Possiamo offrire opportunità. Lanci di prodotti, convegni tematici. E la ricettività alberghiera, se non sarà sufficiente su Cantù, potrà essere ampliata con navette sul lago. Il che unisce l’utile al dilettevole. La sapete la storiella dei taxi?

Dica.

È un esempio, una metafora. Io posso comprare una licenza da tassista, che tra l’altro costa come un appartamento, lavorare più che posso, ma avrò sempre il problema di mangiare, di dormire, del tempo libero, di un malanno. Quanto potrò guadagnare? Si possono, invece, comprare 100 taxi, assumere personale che lavori a rotazione 24 ore su 24, e circolare ininterrottamente sinché le gomme non si consumano. Il business ha sempre uno sviluppo possibile.

Voi di solito lavorate su arene da oltre 10mila posti.Perché a Cantù avete accettato di lavorare su una struttura da 6000?

Non è vero che siamo così selettivi. Ci siamo occupati anche di arene più piccole. La cosa fondamentale è costruire un impianto nelle dimensioni giuste perché in una certa condizione possa fruttare.

Ok, ma perché Cantù?

Ci sono tante risposte possibili. La prima: ci siamo trovati di fronte un progetto in cui erano fianco a fianco l’amministrazione pubblica e un gruppo di imprenditori. Così abbiamo tutte le componenti adatte per comprendere le diverse sfaccettature della questione.

Il lago di Como, George Clooney, un territorio dalla visibilità in costante crescita, hanno pesato?

Il nostro progetto di Arena può essere sostenibile in qualunque posto. Detto questo, il fatto di essere in un luogo così particolare dal punto di vista dell’appeal, e di avere Milano a due passi, aumenta le opportunità.

Altro motivo?

Che in Italia gli impianti sono fatiscenti e vogliamo rappresentare qualcosa di nuovo come struttura ma soprattutto come gestione.

Ci sarà un’area food? Il rendering mostra tavolini a bordo campo.

Si mangerà, e bene. Deve esserci un’offerta per vivere il palazzo come un luogo di divertimento. I bambini dovranno trovare sullo schermo o nell’ambiente gli stessi personaggi con cui giocano sul tablet. Ci dev’essere coinvolgimento.

Sì, ma l’Italia non è l’America. Qui seguiamo la partita pensando al risultato, alle rivalità, alla tradizione. I puristi saranno messi alla porta?

Ma no. C’è spazio per tutti, con settori per ogni esigenza. Poi è una questione di educazione su come vivere l’evento. Tavolini a bordo campo? Certo, si potrà mangiare vedendo la partita da due passi.

Il Museo?

Quando visito un Museo di una società di calcio italiana, vedo quanto ancora ci sia da lavorare. Venti euro per vedere dieci maglie storiche? Non è corretto. Noi faremo un museo interattivo, con filmati di vecchie partite e situazioni interessanti e stimolanti per il tifoso.

Voi avete affiancato Pallotta nella vicenda dello stadio di Roma, poi arenatosi. Non vi ha spaventato quella vicenda, sulla burocrazia italiana?

Un po’ sì, è innegabile. Ma qui abbiamo trovato la parte politica della vicenda molto interessata. Credo che si possa fare un lavoro di squadra. E l’Italia vedrà una cosa che non ha mai visto prima. Un impianto utilizzato un giorno ogni 14, oggi non è più una soluzione sostenibile.

Ci regala una chicca?

Stiamo lavorando a una collaborazione, un gemellaggio tra un college americano e Cantù. Una situazione che potrebbe portare degli sviluppi molto interessanti sia dal punto di vista sportivo che dal punto di vista del business.

Il modello?

A Las Vegas l’Arena è costata due miliardi e il business plan ha ripagato tutto.

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