Sacripanti e i mitici “Fab four”
E a Cantù decolla la carriera

Il coach brianzolo è alla vigilia di un compleanno importante: arriva a quota 50

Aver conquistato la salvezza, veder riconosciuto il proprio nuovo status da parte dell’intera pallacanestro italiana e aver posto le premesse per il decollo definitivo nel campionato di serie A. Quella prima stagione - pur parziale - da capo allenatore ha dato il la alla carriera di Pino Sacripanti, oggi alla vigilia del suo cinquantesimo compleanno.

Perché già l’annata successiva Cantù sbarcò in semifinale scudetto. «Quell’anno cambiarono le regole - ricorda - con l’apertura pressoché totale agli stranieri. E con Bruno (Arrigoni, ndr) riuscimmo a mettere a segno una pesca miracolosa. Mi innamorai di Hines e del suo talento, ci eravamo annotati l’anno prima in un torneo in Belgio un ragazzo con i capelli corti che aveva un ottimo rapporto qualità/prezzo e che quando firmammo scoprimmo che si era messo in testa una foresta. Sì, Stonerook... Hoover lo trovai invece per caso: mi ero fatto dare le cassette in cui visionare un lungo al quale eravamo interessati, salvo rendermi conto che non vedeva mai il pallone perché in squadra aveva quel piccolino che tirava e segnava sempre. Così le attenzioni si spostarono su di lui... Non aveva procuratore, lo raggiungemmo e portammo qui a un prezzo veramente basso».

«Quanto a McCullough - puntualizza - mai più pensavamo di poterlo prendere perché era campione di Francia e aveva un certo mercato. Con lui fu bravo il presidente e fortunati noi. E poi geniale la conferma di Thornton».

Quella Oregon Scientific - che segnò l’inizio dei “Fab Four” - accarezzò la finale scudetto che le venne preclusa soltanto dopo gara-5 dalla Fortitudo, ma pose le premesse per la Supercoppa italiana dell’anno successivo, con Sacripanti - che nel frattempo era stato nominato “allenatore dell’anno” - il primo a riportare un trofeo in Brianza dopo la Korac del 1991.

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