Cantù, tre condanne per i fallimenti
«Bancarotta fraudolenta all’ex Eleca»

Al titolare 5 anni e 6 mesi, alla moglie 3 anni e 9 mesi e all’amministratore 2 anni e 3 mesi. Il pm aveva chiesto pene più basse

Dopo anni di travaglio, con tre Collegi cambiati e una vicenda che sembrava non avere mai fine, ieri mattina in Tribunale a Como, nell’aula della corte d’Assise al piano terra del palazzo di giustizia, sono state lette le sentenze per la vicenda nata dal crac della Eleca, azienda di prestigio del Canturino che negli anni del maggiore splendore era stata anche in corsa per la costruzione del nuovo palazzetto.

L’accusa, messa nero su bianco nel complicato capo di imputazione firmato dal pubblico ministero Mariano Fadda, è stata quella di bancarotta fraudolenta. La Eleca (poi Elettro 33) non è stata l’unica società che ha dovuto ripercorrere in aula i mesi della crisi e del fallimento, ma davanti ai giudici del Collegio presieduto da Walter Lietti (con Emanuele Quadraccia e Cristiana Caruso) si è parlato anche del crac della Jolly Immobiliare e della Mediana srl.

Provvisionali per 500mila e 170mila euro

Tre gli imputati, tutti condannati. La pena più pesante è stata inflitta a Roberto Manzoni, 69 anni, l’anima della Eleca, condannato a 5 anni e sei mesi. Alla moglie, Franca Bianchi, i giudici hanno inflitto 3 anni e 9 mesi, ad Angelo Enrico Radice, 68 anni (che si era avvicendato con la Bianchi nella carica di amministratore unico della Jolly) 2 anni e tre mesi.

Le condanne, frutto di un dispositivo altrettanto lungo e complesso letto in aula, sono state più alte di quanto aveva chiesto il pubblico ministero al termine della propria requisitoria, con 4 anni invocati per Manzoni, 2 anni e mezzo per la moglie e 2 anni per Radice. Le difese, all’uscita dal tribunale, non hanno voluto commentare riservandosi di parlare in seguito.

Pesanti le decisioni del Collegio anche in merito alle provvisionali. Al fallimento Elettro 33 spa (già Eleca spa) rappresentato dall’avvocato Arnaldo Giudici, sono stati assegnati 500 mila euro (con il resto da definire in un’altra sede), al fallimento Jolly Immobiliare 170 mila euro (sempre di provvisionale) mentre il fallimento Mediana srl sarà da liquidarsi in un separato giudizio.

Le tre società

Al centro dell’inchiesta della procura lariana, era finito uno dei dissesti più clamorosi degli ultimi anni, con sentenze di fallimento che risalgono al giugno 2013 per la Elettro 33, al marzo 2015 per la Jolly e al marzo 2016 per la Mediana. Alcuni capi di imputazione (quattro in totale) sono stati dichiarati prescritti.

Il Collegio ha letto anche assoluzioni si alcuni capi di imputazione «perché il fatto non sussiste» e per «non aver commesso il fatto». Il processo, dopo una lunga serie di traversie, era iniziato nel mese di maggio del 2020 con i primi testimoni chiamati a sedersi di fronte ai giudici. L’accusa era come detto quella di aver cagionato e aggravato i dissesti delle fallite con operazioni valutate dal pubblico ministero come dolose.

Il pm Fadda, nel corso delle proprie conclusioni, aveva espressamente parlato di «un gruppo dove i debiti e i crediti erano nelle mani delle stesse persone». «Non dico che Manzoni è cattivo – aveva chiosato il magistrato – dico che ha commesso un illecito penale, trascinando le società oltre le loro forze», con «scelte non oculate dal punto di vista della conservazione del patrimonio» e «pagamenti preferenziali verso società del gruppo». La parte civile, l’avvocato Giudici, aveva invece parlato del caso finito in aula come del «fallimento più grosso nel mondo imprenditoriale brianzolo».

Mauro Peverelli

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