Capiago, il sindaco a casa
«Mi mancava l’aria
e pensavo ai miei bambini»

Emanuele Cappelletti ha vinto il Covid ed è stato dimesso. A casa dopo due mesi: «Ore e ore con il casco in testa. “Forse dobbiamo intubarti”, mi hanno detto. E lì diventa davvero dura...»

«Se ripercorro quei giorni, c’è soprattutto il pensiero che avevo per i miei bimbi. A loro, specialmente nei momenti più duri, era orientata la mia mente. Quando facevo ore e ore, con questo casco in testa... questo rumore... c’era il pensiero di tutte le cose che volevo ancora fare. Soprattutto, quando mi hanno detto che avrebbero potuto intubarmi». Condizione che poi, per fortuna, non si è verificata. È il sindaco di Capiago Intimiano Emanuele Cappelletti a riferire le sue sensazioni ora che, dopo due mesi, per la precisione, 56 giorni, di cui 49 di ospedale, ha sconfitto il Covid. D’aiuto, tutte le persone che sono state a lui vicine: i medici, i cittadini che gli hanno scritto.

Il conforto della musica “metal”

Ma anche la musica: «Metal», dice da appassionato del genere. Ora, non c’è regalo più bello che essere tornato a casa per Natale. Immaginarsi la gioia dei suoi bimbi

Soprattutto: le persone. Tante, in contatto telefonico, via Internet, sin dai primi giorni di ricovero per polmonite bilaterale da Covid.

L’elenco dei “grazie”

«Probabilmente non ho un ringraziamento adeguato per tutte le persone che mi sono state vicine anche a distanza - dice a La Provincia - Un grazie immenso va anche al mio gruppo consiliare, all’apparato medico e sanitario, a tutte le persone, i concittadini, che davvero non mi hanno mai fatto sentire solo. Si sono sempre interessati a me. Mi hanno fatto sentire il loro calore e il loro affetto. E questo è l’aspetto più importante, quel che più mi ha emozionato. Qualcosa di unico. Mi ha dato forza per 56 giorni. Ho avuto la vicinanza di tutti. E questo è stato molto importante».

Il Covid, che regala un rumore fisso a chi non ha più l’aria, un rumore provocato dall’ossigenoterapia nel casco. Il sindaco Cappelletti, su questo, ha trovato la sua terapia. Contro il rumore, la musica. Bella pesante: heavy metal. «Mi ha aiutato tanto il metal - confida - anziché sentire questo rumore continuo, e veramente penetrante, avevo il mio metal, che mi ha dato una buona dose di carica».

Il momento più difficile, appunto, quando si è prospettata l’intubazione: «Lì, insomma, non è stato facile - ripensa - Quello che mi ha aiutato tanto è stata la determinazione nel voler tornare a tutto quello che avevo lasciato. I miei bimbi, la mia attività nel mio Comune, la mia vita».

«A casa in bus e ora riabilitazione»

Giovedì, finalmente, Cappelletti ha potuto scrivere la parola attesa da quasi due mesi. «Dimesso! - le sue frasi pubbliche su Facebook - Con il bus azzurro della linea C20 Lanzo-Argegno-Como, sono finalmente tornato tra voi, dopo questa convalescenza. Ho preso il bus, anche se in molti tenevano a darmi un passaggio, perché era la soluzione che meno disturbo in capo a terzi. E poi perché così ho fruito di un ottimo servizio pubblico. Il 29 ottobre sono entrato in ospedale da solo, facendo a piedi circa un chilometro e mezzo, con la polmonite e il borsone in mano come un Re Magio...».

«Finalmente a casa, ove proseguirò le cure coi medicinali e gli esercizi di recupero cardiaco, muscolare e polmonare - prosegue - Sarò presente, non solo online, ma, materialmente, in Comune. Una grande emozione. Che dire... è stata dura ma, come cantava il buon Vasco Rossi: “.. e siamo ancora qua... e già”».

Christian Galimberti

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