Cermenate, accusato di estorsione
Assolto: «Non ha commesso reati»

Aveva trovato un cellulare e chiesto una ricompensa per restituirlo. Finì in carcere. Il Tribunale: «Ma era lecito, lo prevede la legge»

Nessuna estorsione. Nessun riscatto. Soltanto una pretesa lecita, peraltro prevista anche dalla legge. Il Tribunale di Como ha assolto con formula piena - perché il fatto non sussiste - l’uomo originario del Senegal che fu arrestato - assieme a un amico - nel giugno dello scorso anno con l’accusa di estorsione.

Protagonista dell’episodio, e pure - suo malgrado - di diverse settimane di ingiusta detenzione, è Sene Serigne Saliou, 35 anni, domiciliato a Cermenate.

La vicenda riguarda il ritrovamento di uno smartphone, di una richiesta di ricompensa, dell’incontro per restituirlo e dell’accusa di estorsione che ha fatto scattare le manette.

Era un giovedì sera. Sene Serigne e l’amico e connazionale Thiam Modou, di 23 anni, di Milano, trovano un telefono cellulare all’interno di un locale. Mentre cercano di capire a chi possa appartenere il telefono si mette a suonare e loro rispondono. Dall’altra parte la proprietaria, che si è accorta di aver perduto il proprio smartphone (esclusa sia allora che adesso in Tribunale la possibilità che lo stesso possa essere stato rubato).

Uno dei due cittadini senegalesi conferma che sì, ha effettivamente trovato il telefono. E dice: te lo restituisco, ma voglio una ricompensa per ridartelo.

Di fronte a questa richiesta una parente della proprietaria del telefonino dice: questo è un reato. E si rivolge al 112. Anche gli inquirenti ritengono sia in atto un reato e così viene organizzato l’appuntamento per la consegna, alla stazione ferroviaria di Cermenate, al quale però si presentano anche le forze dell’ordine che fanno scattare le manette ai polsi di entrambi gli uomini.

Il più giovane dei due decide, per chiudere i conti, di chiedere un patteggiamento. Non Saliou. Il quale, difeso dall’avvocato Marcello Iantorno, accetta di difendersi in Tribunale durante un dibattimento. E qui ai giudici viene raccontata la stessa identica storia che aveva portato l’uomo in carcere, ma sotto un’ottica differente. Quella del Codice civile.

La stessa legge italiana, infatti, prevede l’obbligo (neppure la semplice facoltà) per chi perde qualcosa di riconoscere una ricompensa a colui o coloro che la ritrovano (ovviamente l’eventuale buon Samaritano può rinunciare). Quindi la richiesta dei due cittadini senegalesi era del tutto legittima. Peraltro a fronte di una richiesta iniziale di 100 euro, i due avevano anche accettato di scendere a 50 euro (è emerso nel processo).

Il Tribunale ha dunque assolto l’imputato con formula piena, una sentenza che potrebbe cambiare le sorti anche del patteggiamento del più giovane, non ancora passato in giudicato in Cassazione.

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