Il De Amicis dice addio a Cantù
«Vendere è la soluzione migliore»

Don Violoni (Facec): «La Fondazione non può offrire continuità all’attività di istruzione». Sì all’apertura al pubblico di spazi e percorsi con un piano unitario. «Mantenere tracce di memoria»

Addio De Amicis. Se tornerà mai ad essere una scuola, non sarà gestita dalla Facec - la Fondazione ambrosiana per la cultura e per l’educazione cattolica - determinata a vendere l’area. A rimarcarlo è don Luca Violoni, il presidente della fondazione. Il quale, per l’ex collegio, auspica nuove destinazioni. Ma non si nascondono nemmeno tensioni con la cooperativa di ex studenti, subentrata nella proposta formativa, la preoccupazione per lo stato degli stabili, i timori in tema di degrado, dopo che a luglio l’ultima classe se ne andrà. Resta valida la disponibilità per percorsi aperti al pubblico.

E c’è già un’eredità per Cantù: libri e materiali saranno lasciati alla città. «Le proposte formulate dal Comune ci pare ricerchino soluzioni che intendono coniugare l’esigenza di dotare la città di spazi e servizi pubblici e l’inserimento di nuove destinazioni urbanistiche che possano intercettare l’interesse di operatori ad investire nel futuro di questa importante e prestigiosa porzione di città» risponde don Violoni

«Oggi auspichiamo che nuove destinazioni siano trovate, mantenendo tracce di memoria di ciò che ha rappresentato “la collina del sapere” per Cantù. Probabilmente nel corretto equilibrio tra queste esigenze sta la chiave per una rivitalizzazione dei luoghi che hanno ospitato il De Amicis».

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