Il decano sugli islamici sotto il campanile di San Paolo: «Scandalizzarsi non ha alcun senso»

La polemica Don Redaelli, responsabile per Cantù e Mariano, interviene sul caso della preghiera. «Evento incluso in un progetto più ampio di dialogo avviato dal Papa. La chiesa ci lavora da anni»

Il cammino del dialogo, per costruire una società solida e più giusta, da tempo propone di camminare sulla stessa strada, a prescindere dalla religione professata. Per questo il decano di Cantù e Mariano, don Luigi Redaelli, di fronte alle voci politiche che si sono alzate, alla vista dei fedeli musulmani in preghiera sul sagrato di San Paolo, rassicura «nessuno si deve scandalizzare». Una manciata di minuti di raccoglimento che ha generato veementi reazioni da parte della maggioranza che guida la città, in particolare dalla Lega.

La presa di distanza del sindaco

Con il sindaco Alice Galbiati che ha preso le distanze dalla Comunità pastorale. Preghiera inserita nell’ambito della manifestazione “Fratelli Tutti”, una cena conviviale organizzata dalla commissione cultura di San Vincenzo con una ventina di associazioni, laiche e non, che ha richiamato in piazza Garibaldi centinaia di persone.

Un titolo, evidenzia don Luigi Redaelli, prevosto della comunità pastorale di San Francesco a Mariano Comense, che riprende quello della terza enciclica di Papa Francesco, presentata nell’ottobre di tre anni fa ad Assisi, che propone la fraternità e l’amicizia sociale come le vie indicate per costruire un mondo migliore, più giusto e pacifico, con l’impegno di tutti: cittadini, istituzioni, mondo economico, organizzazioni internazionali, società civile.

«Non sono stato coinvolto nell’organizzazione di questa manifestazione – dice il decano – ma so che si tratta di un evento inserito in un progetto ampio di dialogo interreligioso, che va nella linea di quello che dice Papa Francesco nella sua Fratelli Tutti. La parola d’ordine è abbattere muri, aprire porte e costruire ponti». Nessuna invasione o sostituzione, continua, «si tratta di un esercizio dialogo e di conoscenza reciproca, perché solo così si riconosce anche la propria identità».

«La preghiera è luogo di dialogo»

Differenti le fedi, ma il linguaggio è unico, «se anche stiamo parlando di religioni diverse, la preghiera è luogo di dialogo e integrazione. Quando si prega tutti per la pace o per la giustizia, si parla la stessa lingua. Giovanni Paolo II, che è un santo, ad Assisi chiamò a tutti». Il riferimento è all’incontro interreligioso di Assisi, evento promosso nel 1986 da Papa Giovanni Paolo II, a cui aderirono diversi capi religiosi per pregare per la pace, tanto da coniare il termine “Spirito di Assisi”, a indicare un modello di dialogo tra religioni basato sulla fraternità. «Questo percorso non salta fuori adesso - continua -, non ci si deve certo scandalizzare. E’ un cammino che vede la chiesa in prima linea da tempo».

Quanti erano in piazza Garibaldi sabato sera, evidenzia don Luigi, non sono estranei che si appropriano di una terra che non gli appartiene, «non sono sconosciuti, sono persone che spesso conosciamo bene, perché le incontriamo a scuola, o nei centri Caritas, dove aiutiamo chi ce lo chieda. Non guardiamo in faccia a nessuno, non chiediamo tessere o appartenenze, rispondiamo solo al bisogno». La preghiera, sottolinea il decano, è una necessità ed è un diritto: «Quando nel 2019 l’arcivescovo Mario Delpini venne a Mariano incontrò una delegazione di fedeli islamici. E cosa gli chiesero? “Ci aiuti a trovare un luogo dove poter pregare”, dissero. Mi sembra una richiesta legittima, sancita anche dalla nostra Costituzione».

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