Olgiate, l’inferno Covid
Cinque mesi in ospedale

Germano Maffenini, 65 anni, è appena ritornato a casa

«Ho passato cinque mesi d’inferno per il Covid. Sono arrivato al punto di dire “portatemi una pistola, perché non ce la faccio più”». La drammatica testimonianza di Germano Maffenini – 65 anni, – dimesso mercoledì della scorsa settimana dopo cinque mesi di ospedalizzazione, di cui uno in terapia intensiva praticamente in coma.

Un miracolato. «Non credevo di farcela – ammette Maffenini – Gli stessi medici che mi avevano in cura dubitavano che ne sarei uscito vivo. Persone con enfisema polmonare, come me, difficilmente superano il Covid in forma acuta. Sono un miracolato da Dio, dalla mia famiglia, dai medici, dagli amici e da tutti quelli che mi hanno dato la forza per uscirne. Sono stati mesi pesantissimi, che non augurerei neppure a una persona morta. Cinque mesi in ospedale, di cui 26 giorni in terapia intensiva».

Un incubo. «Chi non ci è passato non può capire quanta sofferenza si provi, se si ha la sfortuna di essere colpiti dal Covid in modo pesante – sostiene Maffenini – Ho fatto quasi cento giorni senza bere, né mangiare; mi nutrivano con la peg. Ossigeno al 10%, quindici flebo al giorno, il fastidio notte e giorno della cannula della tracheotomia. Mi facevano prelievi a go go, tanto che a un certo punto non trovavano neanche più le vene. Sono diventato anemico, mi hanno dovuto fare anche qualche trasfusione».

«Ho perso 30 chili, ne pesavo 93 - aggiunge - Oltre ai dolori, è una sofferenza inimmaginabile rimanere in un letto senza potersi muovere. Mi mettevano un cuscino dietro ai piedi per tenerli sollevati e un ferro per fare sì che le coperte non appoggiassero sul corpo altrimenti era un dolore da diventare matti. Si arriva a un punto tale di disperazione che quasi si vuole farla finita, benché io abbia una famiglia meravigliosa da cui mai mi separerei».

Uscito dalla terapia intensiva, è rimasto altri tre mesi in reparto (in chirurgia 2 e in chirurgia 3). Dal Sant’Anna è stato trasferito all’ospedale di Cantù, dove è rimasto venti giorni per la riabilitazione polmonare, e infine all’ospedale di Mariano per la riabilitazione motoria.

«Prima del Covid ero attivo, camminavo per dieci chilometri al giorno - continua - Dopo l’inferno attraverso cui sono passato mi sono trovato a 65 anni a essere nelle condizioni di un bambino piccolo che va cambiato, pulito, tirato fuori dal letto, aiutato a camminare e a mangiare. È stato un lento tornare alla vita. Ancora non riesco a stare in piedi senza tutore, o stampelle».

«So che la strada per rimettermi è ancora lunga, ma è già un dono esserne uscito ed essere di nuovo con la mia famiglia – conclude Maffenini - Ringrazio di cuore medici e infermieri che mi hanno curato con grande professionalità e umanità. Le infermiere mi tenevano la mano e mi facevano coraggio per superare i momenti di sconforto. Insieme alla mia famiglia mi hanno dato la forza per rivedere la luce».

Manuela Clerici

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