Ramadan, quarto no dal Comune. Nuovo ricorso al Tar degli islamici

Cantù I rappresentanti di Assalam in conferenza stampa con quelli dell’associazione Assadaka: «A Erba lo stesso»

Per il quarto anno l’associazione islamica Assalam si è sentita negare dal Comune l’autorizzazione a poter utilizzare il proprio immobile per celebrare il Ramadan, e quindi ancora una volta dovrà rivolgersi d’urgenza al Tar per ottenere il permesso di entrarci per pregare. E lo stesso accade poco lontano, a Erba, all’associazione Assadaka.

Una situazione difficile da spiegare ai soci, in buona parte con la cittadinanza italiana, tanto che i presidenti dei due sodalizi, Abella Bourass e Youssef Anniz, ammettono l’esasperazione potrebbe condurre a iniziative clamorose, come andare fuori dai municipi per rivendicare il proprio diritto al culto. Anche la politica si muove, e Antonio Pagani, del centrosinistra cittadino, annuncia l’intenzione di promuovere iniziative incisive per smuovere l’amministrazione. Anno nuovo, vecchia situazione. Arriva il mese sacro dell’Islam e Assalam ha presentato domanda per poter pregare nel capannone di via Milano al centro del braccio di ferro nei tribunali con piazza Parini, che vorrebbe procedere con la trascrizione della sua proprietà al Comune. Si resta in attesa della sentenza di merito del Tar su questo punto.

Per il momento, come ogni anno, Assalam ha chiesto di utilizzare l’immobile, acquistato per 850mila euro con le donazioni dei 600 soci, per la preghiera. Anche stavolta, proprio ieri, è stato notificato il diniego al permesso, spiegando contestualmente che non ci sono spazi pubblici da concedere in alternativa. Lo stesso ha fatto il sindaco di Erba, Mauro Caprani, rifiutandosi di concedere l’uso della sede di via Lecco di Assadaka anche in via temporanea, come invece era accaduto nel 2022. «Siamo delusi – dice amareggiata Salma Assen, rappresentate dei giovani di Assalam – questa non è l’Italia che conosco. Siamo cittadini italiani, vogliamo sentirci integrati. Abbiamo aspettato per un anno il Ramadan, che per noi è un mese prezioso, per poi sentirci dire che non possiamo celebrarlo qua. Non ci meritiamo questo trattamento».

Il segretario generale di Assalam Ahmadou Bouya Gueye, ricorda la manifestazione di dicembre per il diritto di culto, che raccolse un migliaio di partecipanti: «Da allora abbiamo chiesto un incontro al nostro sindaco, ma non abbiamo ricevuto nessuna risposta. Sospettiamo che il primo cittadino di Cantù non voglia incontrare i propri cittadini di fede islamica, ed è un fatto grave. Ci sono cittadini di livello A e di livello B?».

Il sodalizio, continua, ha agito nel pieno rispetto delle leggi. «Ho sempre risposto ai soci di avere pazienza - prosegue – che stavamo lavorando, ma ora siamo al capolinea. Non posso escludere di andare davanti al Comune a protestare per i nostri diritti».

Vincenzo Latorraca, consigliere comunale e legale di Assalam, sottolinea che «per la quarta volta Assalam dovrà rivolgersi al Tar per far valere un diritto costituzionalmente garantito, un diritto fondamentale, il diritto di culto. Anche sotto il profilo politico è il momento di impegnarsi per trovare una soluzione, questo deve diventare un tema di profilo ampio, provinciale, regionale, nazionale».

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