Un mondo di artigiani dove «Chi si ferma è perduto» prende vita tra le pagine di Muzzopappa. E nel libro c’è anche Cantù

Intervista L’autore di “Sarò breve”, Francesco Muzzopappa, sarà nella città del legno il 19 novembre alle 17, per incontrare i lettori. Nella sua ultima pubblicazione prende vita una storia ambientata nel distretto del mobile e del legno

Rovere: un cognome, un destino. Che passa dal distretto del legno, in Brianza. E da Cantù. Perché Francesco Muzzopappa autore di “Sarò breve” (Fazi) incontrerà il pubblico il 19 novembre alle 17, nell’evento di Effebiarredamenti con Le Sfogliatelle-WoodBook. Moderano l’incontro Alida Paternostro, presidentessa Le Sfogliatelle e Carmen Legnante, libraia di Libri al sette.

Muzzopappa, perché la Brianza e il Distretto del legno-arredo entrano da protagonisti del suo “Sarò breve”?

Mi occorreva una ambientazione credibile e riconoscibile anche per i non brianzoli. Sono stato a Monza più volte e ho studiato a lungo i vicoli, le strade e i percorsi per rendere tutto il più attendibile.

Ennio è il prototipo del legnamè canturino di qualche generazione fa. Inizia da dipendente, poi apre bottega e fa i soldi. Chi è davvero quest’uomo?

È un uomo che si è fatto da solo, partendo dal nulla come tanti uomini della generazione che descrivo e che accompagno nel romanzo nelle varie fasi di crescita, successo, sconfitta e rinascita. Un vecchio artigiano appassionato del suo lavoro che prende la vita di petto, senza mai perdere la testa.

Il protagonista viene dal Sud. Come lei.

Ho lasciato il mio sud senza pensare al nord come a una terra piena di opportunità da contrapporre a un sud senza prospettive. L’opportunità vera me l’ha data la mia determinazione, la voglia di dimostrare a me stesso di riuscire ad andare oltre me stesso, di mettermi in gioco in ambiti nuovi rispetto ai miei studi, rischiando in prima persona e raggiungendo molti più traguardi di quelli prefissati. Sono di certo tratti in comune con Ennio, ma la sua strada era tracciata. La mia, meno.

Il libro affronta anche la svolta generazionale. Greta, la figlia di Ennio, rimette in sesto i conti. Ma nulla sarà più come prima.

Si dice che i figli dei ricchi industriali finiscano per affossare il lavoro dei genitori. Non sempre è così, dipende dalle teste. In “Affari di famiglia”, un mio romanzo di qualche anno fa, ho descritto una dinastia in rovina anche per colpa di un figlio idiota. Greta invece ha la testa sulle spalle e in un momento di reale pericolo finanziario, salva dal baratro l’azienda del padre, cambiando qualche prospettiva. Ma in fondo è meglio cadere restando fedeli a sé stessi, o restare in piedi accettando un cambiamento? La risposta, a parer mio, è sempre nell’evoluzione. Lo dicevano anche le nonne: «chi si ferma è perduto».

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