Le primarie esercizio di libertà

Mi sembra fuori logica che nelle elezioni primarie per la scelta del candidato a primo ministro sia consentita la partecipazione al voto anche ai non iscritti ai rispettivi partiti. Potrebbe succedere che, se la maggioranza dei votanti fosse di non iscritti al partito, il risultato desse vincente un candidato diverso da quello, o da quelli, proposti dagli iscritti al partito.

Giorgio Falletti

Certo, potrebbe succedere. In teoria. In pratica non succederà. E perché si dovrebbe essere iscritti a un partito per partecipare alle primarie dello stesso, o addirittura a quelle della coalizione cui il partito aderisce? Si tratta di scegliere un candidato alla presidenza del Consiglio, non il segretario d'una forza politica. Le elezioni sono una cosa, la vita interna d'un partito un'altra. Ci lamentiamo dei vincoli che le burocrazie (le nomenclature) impongono, e allora non ha una fondata ragione crucciarsi se una volta tanto succede l'opposto. Cioè che chiunque possa dir la sua senza dover avere in tasca alcuna tessera. Le primarie, intese a questo modo, sono un esercizio di libertà. L'occasione per far sentire una voce altrimenti destinata al silenzio. Una circostanza che aiuta a riscoprire il meglio della politica, riconsegnandola alla sua etimologia: l'indirizzo della cosa pubblica, l'occuparsi del bene di tutti. Che poi quest'esercizio possa consentire fenomeni d'infiltrazione, è tra i rischi da correre. Ma è difficile che gl'italiani d'un orientamento abbiano il tempo e la voglia d'inserirsi nella dialettica riguardante gl'italiani d'un orientamento contrario. E' più facile che usino diversamente la voglia e il tempo: sono più saggi di quanto si creda.

Max Lodi

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