I politici e il dovere dell’onestà

L’intreccio fra interesse pubblico e interesse privato, pur esente da abusi, non è mai positivo

L’inchiesta giornalistica sulle incompatibilità fra amministratori pubblici e componenti di società immobiliari, costruttori, progettisti di edifici pubblici e privati, ha fatto risaltare un grande equivoco. Di fronte ad assessori e consiglieri direttamente interessati nel settore delle costruzioni, che abbisognano di concessioni degli stessi enti locali, o di pareri obbligatori, si è detto che non vi sono mai state violazioni delle leggi, perché (è un’affermazione da acclarare), gli amministratori non hanno mai interferito nelle pratiche. Ma questo è abbastanza? L’intreccio fra interesse pubblico e interesse privato, pur esente da abusi, non è mai positivo, per la sudditanza, esistente spesso, dei funzionari rispetto ai politici e per i confini labili tra presenza autoritaria e autorevole e benefici ottenuti. Per essere chiari, in situazioni di piccoli o grandi conflitti di interesse, o anche di sospetti, occorre essere limpidi e rigorosi, visto che l’onestà non è una virtù per un amministratore, ma un dovere, un requisito precedente ad ogni impegno, un abito naturale e non un merito.
Se un dirigente di partito, vedi Pozzi, fa l’impresario edile, il consigliere comunale e il presidente dell’Acsm non genera un’incompatibilità di legge, ma un’incompatibilità politica e di stile. Lo stesso vale per chi, fondatore, socio, consulente di cooperative come l’assessore provinciale Tambini, già dirigente della Regione, partecipa, per la sua quota di responsabilità, alla gestione di servizi legittimamente ottenuta da un ente pubblico come l’Azienda Ospedale S. Anna per l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica sul territorio; e per chi, in Comune, concede in affitto una scuola a una cooperativa scolastica amica, con condizioni legittime, ma che consentono ampio respiro agli affittuari.
E allora tutti questi si astengano da attività politiche, che possono ingenerare pur tenui rimostranze! Se poi in affari entrano anche ecclesiastici, mi limito a citare quanto scritto dal caro Martini nel suo ultimo libro: «Conversazioni notturne a Gerusalemme» (Mondadori 2008), «C’è stato un tempo in cui ho sognato una Chiesa nella povertà e nell’umiltà, che non dipende dai poteri di questo mondo... Oggi non ho più di questi sogni. Dopo i 76 anni, ho deciso di pregare per la Chiesa».
Il suo è un sogno troncato! Siccome non ho ancora 75 anni, prego, ma ancora mi preoccupo e critico. Quando ero un ragazzo delle elementari mi aveva impressionato la notizia che, quando nel ’46 morì il prevosto di Como don Alessandro Pozzoli, consumato dal dolore per le violenze della guerra, non gli fu trovata in casa neppure la biancheria del letto; aveva dato tutto ai poveri. La sua memoria sia benedetta!

Luciano Forni

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