Il 2 giugno e quell’assenza della Lega Nord

Se l'unità è un totem da abbattere

Ho visto in tv l’ultima puntata di Ballarò e mi ha sorpreso l’atteggiamento del ministro Maroni a proposito della mancata presenza di esponenti istituzionali della Lega alla festa della Repubblica del 2 giugno a Roma. Ha infatti evitato una risposta diretta, dicendo che non era quello l’argomento importante di cui discutere e che ben altre sono oggi le preoccupazioni degli italiani.
Ha aggiunto che lui alla festa del 2 giugno non è mancato, semplicemente ha scelto per celebrarla la sua città: Varese. Io credo che una presenza leghista alla manifestazione ufficiale di Roma fosse doverosa, vista la larga rappresentanza nel governo che la Lega ha. E il ministro dell’Interno avrebbe dovuto dire qualcosa di specifico sulla questione, naturalmente in tutta serenità: chi era davanti ai teleschermi si aspettava una spiegazione convincente, che invece non ha avuto.

Imma Testa

La Lega ha sempre contestato ogni simbologia che si riferisse all’unità del Paese, giudicando quest’ultima un’architettura formale ideata per mantenere sostanziali divisioni. Divisioni tra eletti ed elettori, ottimati e popolo, partiti e appartati, centralismo e autonomie, poteri e contropoteri. Unità dunque come artifizio antidemocratico e totem da abbattere, tanto che ci fu un periodo in cui l’obiettivo dichiarato del Carroccio si chiamò secessione. Ovvio che, pur partecipando al gioco istituzionale in virtù dei voti conquistati, i suoi rappresentanti si rifiutassero di celebrare il 2 giugno. Ma adesso che è diventata parte importante, e addirittura decisiva, del governo – e che dunque ha i numeri per praticare un’azione di profondo riassetto della Repubblica, volgendo l’unità del Paese da valore negativo in valore positivo - non si vede che cosa impedisca alla Lega d’aderire al più alto momento celebrativo della festa nazionale. Non certo l’imbarazzo per le posizioni assunte nel passato: proprio l’averle sostenute, raccogliendo il consenso d’italiani d’aree geografiche diverse e piegando partiti di destra e di sinistra a sposare il federalismo, doveva suggerire un’orgogliosa presenza dello stesso ministro delle Riforme all’appuntamento romano. Sarebbe stata interpretata come il suggello ufficiale d’una determinazione a innovare radicalmente l’Italia, cui Bossi non intende togliere gli attributi di nazione. Ma che vuole trasformare in una nazione con gli attributi, perseguendo il passaggio da un Paese legale a un altro Paese Legale.

Massimo Lodi

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