La guerra in Georgia
e il ruolo dell'Europa

Ancora una volta il Vecchio continente fa la parte del vaso di coccio

Quarant’anni dopo la Russia ha celebrato l’invasione della Cecoslovacchia con l’invasione della Georgia. Questa volta la reazione della Nato è stata immediata, aprendo la via all’adesione della Georgia all’Alleanza.
Fulminea la reazione degli Stati Uniti che hanno siglato l’accordo con la Polonia per l’istallazione di un sistema anti-missili nel quadro dello "scudo spaziale". La Nato dichiara che nulla sarà più come prima, e si pensa all’alleanza con i Paesi del Baltico e all’Ucraina. Tutto ok, ma dopo mezzo secolo l’Europa non ha ancora il "suo" esercito. Intanto, in America, il candidato alla presidenza McCain, eroe di guerra, ha superato nei sondaggi il candidato Obama.
Cordiali saluti,
Ulderico Monti -
(f. a) In un mondo globalizzato, caro Ulderico, gli effetti di un’azione militare di questa portata si diffondono rapidamente e lei li elenca con puntualità: dai rapporti tra la Nato e la Russia alle ricadute sulla campagna per le presidenziali negli Stati Uniti. Quarant’anni fa tutto era più lento e soprattutto i rischi di un nuovo conflitto mondiale erano molto più elevati di oggi. Questo spiega, in chiave storica, la tardiva e inefficace reazione dell’Occidente all’invasione della Cecoslovacchia da parte del tank dell’Armata Rossa. Allora poi vigeva Yalta, l’accordo tra i vincitori della seconda guerra mondiale che fissava le sfere di influenza delle due superpotenze. Violarlo, come aveva dimostrato la crisi di Cuba pochi anni prima, avrebbe significato un conflitto globale. L’Europa libera, quella Occidentale poteva solo sperare e pregare che le cose non degenerassero. E forse l’impotenza di oggi è ancora figlia di quegli anni. Lei, giustamente, sottolinea come il Vecchio Continente non possieda ancora il suo esercito. Ma, a parte che la cosa non sarebbe certo apprezzata dagli americani, credo che per prima di dotarsi di un esercito occorra arrivare a un’unita politica dell’Europa. Invece, da Maastricht in poi, ci siamo fermati all’unità economica e le traversie che continua a incontrare il cammino della Costituzione europea non alimentano grandi speranze. Perciò i nostri destini restano ancora in mano alla superpotenza americana e alla Russia che, sotto la guida di Putin, sembra intenzionata a riprendersi il ruolo che ebbe negli equilibri mondiali del dopoguerra. In questa situazione l’Europa rischia di fare ancora una volta la parte del vaso di coccio.

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