Punti anche agli immigrati? Un’idea inutile

Basta applicare ciò che la normativa rende possibile

Non vedo tutto questo scandalo per l’idea di istituire una specie di patente a punti per gli immigrati. Non c’è alcun razzismo in un provvedimento del genere, che in sostanza vuole semplicemente far sapere che chi sbaglia deve pagare. Non c’è alcun intento punitivo nei  confronti delle persone che vengono nel nostro Paese a lavorare, mi sembra al contrario che se si adottasse questa legge, ne riceverebbero un aiuto perché ad essere cacciati dall’Italia sarebbero coloro che si comportano male. Evidente il vantaggio per tutti quelli che invece si comportano in maniera opposta. Del resto mi pare che una delle poche cose che hanno funzionato è stata proprio la patente a punti istituita per frenare le violazioni al codice della strada da parte degli automobilisti: che motivo c’è per non attuare su un altro problema la stessa ipotesi di soluzione? Guardiamo al senso pratico delle proposte, lasciando perdere altre valutazioni che non c’entrano proprio niente.

Andrea Colombo

Guardiamo appunto al senso pratico. Il nostro è un Paese che di leggi ne conta troppe, non poche. Sono così tante, e riferibili ad ogni dettaglio minimo della vita pubblica e privata, che di nuove - salvo eccezionali emergenze - non se ne avverte il bisogno. E questo vale anche a proposito degl’immigrati, per i quali basta applicare ciò che la normativa rende possibile. Chi è in regola deve poter esercitare i diritti che appartengono ad ogni cittadino italiano, e chi non lo è va rimandato dove è partito. Quasi ovvio ripetersi a proposito di reati: per chi delinque sono già previste le pene e i tempi d’espiazione. Che cos’è necessario aggiungervi? Nulla, proprio nulla. A meno che non si voglia trasmettere un ulteriore messaggio di paura a una comunità nazionale che ne è già stata sommersa negli ultimi mesi, con il risultato dell’ingigantirsi dei pregiudizi, del gonfiamento d’episodi di segno favorevole e contrario alla convivenza tra indigeni e immigrati, dell’avvelenamento d’un clima sociale che abbisogna del contrario. Anche perché non va dimenticato che, degl’immigrati, gl’italiani hanno bisogno, eccome: che cosa faremmo senza la manodopera più umile che proviene dalle loro file? Siamo sicuri di poter rinunciare a badanti, donne di servizio, lavapiatti, muratori, stradini e via elencando, tutta gente che si occupa di ciò di cui noi rifiutiamo d’occuparci? Più che sui punti d’una patente, sarebbe l’ora di concentrarsi sul punto latente: consolidare la solidarietà in un momento che di solido offre sempre meno.
Max Lodi

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