Varese e Como: È il momento di fare sistema

Iniziative comuni - vedi il caso dell’università - sono beneauguranti

Leggo dall’inchiesta che avete realizzato che ci sarebbe una convergenza di pareri nel designare Varese capitale ideale dell’Insubria, se non altro per la sua posizione baricentrica nella nostra area territoriale pedemontana. Essendo varesino, mi sta bene un’indicazione del genere, ma non so quanto lo possa essere per i comaschi, che vantano un passato di maggiore spessore storico rispetto a Varese. Il punto tuttavia non è questo, ma è di modificare in maniera finalmente definitiva il rapporto tra due province che sono state sempre assai fredde tra di loro, con il risultato di ritardare iniziative in diversi settori che avrebbero potuto essere prese assai prima. Che sia davvero questa la volta buona per attivare una collaborazione non di facciata, ma di sostanza?

Mauro Borsotti

Ancora oggi, in alcuni paesi del Varesotto, sopravvivono sbrecciate targhe stradali in muratura che indicano la dipendenza da Como, dalla quale Varese s’emancipò nel 1927 quando ottenne lo status di provincia. Ne derivò, in tempi successivi, non tanto un “orgoglio contro” - del tipo di quello sempre manifestato verso Milano - quanto un atteggiamento di algido distacco, che risultò ovviamente ricambiato. E se ne comprende la ragione: nell’Italia che si riconosce in una sola chiesa, ma che tempera l’universalità religiosa con lo spiccato localismo delle torri municipali, questo era il minimo che potesse originare lo spezzarsi d’un assetto politico-geografico in favore di un altro. Un minimo, però, ben distante dal massimo di litigiosità causato dalle rivalità interne alla neonata entità amministrativa: il dualismo tra Varese e Busto Arsizio (che non a caso rivendica da decenni il diritto a una sua autonomia provinciale) ha infatti procurato danni ben peggiori di quelli dovuti all’isolazionismo fiorito tra province confinanti. Cui è tuttavia imputabile di non aver mai “fatto sistema”, come orribilmente si dice, e di avere invece privilegiato un “sistema di fare” poco pragmatico e molto sterile. La riscoperta di condivise radici insubriche e l’avvio d’iniziative comuni - vedi il caso dell’università - sono beneauguranti per un’epoca di cordiali intenti: noi siamo qui a darne testimonianza e a sollecitarne la diffusione. Perché pensiamo che varesini e comaschi debbano guardare avanti e non indietro, nella certezza che quanto oggi li unisce - e domani li dovrà unire - è infinitamente superiore a quanto sino all’altro ieri li ha (eventualmente) divisi.

Massimo Lodi

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