Como, Full metal Jack Gattuso
«La mia serie B da impazzire»

Il racconto a cuore aperto del tecnico protagonista della promozione

“Il giorno più bello della mia vita”. Basterebbe questa frase per raccontare lo stato d’animo di Giacomo Gattuso. Che di vita nel Como ne ha passata tanta, di momenti felici e commoventi anche. Ma il top è arrivato adesso, a 53 anni. Pochi mesi, tante soddisfazioni ma non poche difficoltà, per arrivare a un risultato straordinario.

Mister, è stato davvero il giorno più bello della tua vita, anche a livello familiare e personale?

Lo confermo anche il giorno dopo, in tutti i sensi. In famiglia sanno quanto sia importante per me, e mi hanno sempre capito anche in questi mesi in cui ho tolto molto tempo a loro per dedicarmi solo al Como. Anzi, devo dire che si sono interessati molto di più al mio lavoro quest’anno, più domande, più curiosità. Ed è stato bellissimo quando domenica mi sono affacciato alla finestra insieme alla squadra: sotto, insieme a tantissimi tifosi, ho visto anche i miei figli.

Quando a fine novembre ti è stato offerto di prendere il posto di Banchini, hai detto subito sì o c’è stato un momento di esitazione, di paura?

E’ stata una scelta ragionata insieme alla società, insieme a Ludi. Non ho mai pensato di dire di no, ma non per istinto, per logica. Perchè sembrava a tutti la soluzione più corretta.

Inizialmente era stata presentata come un’idea temporanea.

Infatti, anche per questo ero sereno. Perchè si era scelto di valutare insieme come sarebbe andata, di arrivare fino a Natale e poi capire cosa sarebbe stato meglio fare. E poi sappiamo come è andata...

Che cosa pensi di aver dato in più alla squadra? Qual è stato il fattore determinante?

Soprattutto serenità, tranquillità. E coraggio. Ho preferito impostare la squadra verso un gioco propositivo, anche rischioso se vogliamo. Ma era la cosa più giusta da fare in quel momento, e siamo andati avanti così. Infatti non a caso siamo la squadra che ha segnato di più, anche se questo atteggiamento ha portato anche a qualche sconfitta clamorosa.

E’ anche difficile, anomalo, trovare una squadra che vince un campionato prendendo un numero così consistente di gol.

Sì ma è stato un rischio calcolato. Era l’unico modo per dare un’impronta precisa al nostro gioco, pur sapendo che la difesa avrebbe avuto poca protezione. Ma era necessario anche per far emergere le qualità dei miei giocatori: io ho giocato con un mediano offensivo come H’Maidat per tante partite, ho giocato con esterni che spingono molto, e che hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma ho sempre preferito ragionare così piuttosto che adottare un sistema più conservativo. Il pareggio per me è una mezza sconfitta, meglio rischiare.

Nelle tue squadre precedenti utilizzavi un altro modulo, stavolta hai fatto più una scelta legata alle caratteristiche dei giocatori. Non tutti ragionano così.

Sì, io ho quasi sempre giocato con la difesa a tre. Con il 3-5-2 o il 3-4-3, ma qui era giusto non toccare troppo le cose già impostate e soprattutto non snaturare le capacità e le qualità dei giocatori. La squadra è stata costruita per il 4-2-3-1, il 4-4-2. Sarebbe stato un errore non adeguarsi.

Il momento più bello domenica. Quello più difficile?

La sconfitta di Olbia. Lì ammetto di aver avuto davvero per la prima volta pensieri negativi, e tanta preoccupazione. Perchè poteva essere una botta definitiva dal punto di vista emotivo e mentale. E solo noi che eravamo nello spogliatoio possiamo capire come ci sentivamo poi nell’intervallo della partita di Livorno, quando stavamo perdendo. In quel momento davvero c’era il rischio che la paura ci mangiasse la testa...

Eppure proprio il secondo tempo di Livorno è stata la svolta definitiva in positivo.

Sì, in un certo senso si. Importante come la vittoria sull’Alessandria. Perchè abbiamo reagito, è successo qualcosa di straordinario. Pronti, vivi, concentrati. Se non ci fosse stato quel secondo tempo non ci sarebbe stata forse nemmeno la vittoria di domenica. E’ stata una svolta cruciale.

A proposito di domenica, cosa sentivi prima della partita?

Ero preoccupato. La squadra in queste ultime settimane era veramente arrivata quasi al limite delle forze. E’ stata una stagione faticosa, difficile. L’ho detto altre volte, ci sono state partite in cui i ragazzi pur vincendo non avevano nemmeno la forza per esultare nello spogliatoio. Ci sono state settimane in cui qualcuno non ce la faceva ad allenarsi per la stanchezza, non c’era il tempo per riprendere energie. E’ stata veramente dura. E di fronte avevamo un avversario veramente molto forte, molto più in forma. Noi ci credevamo tanto, ma poteva non bastare.

E invece, un capolavoro.

Un capolavoro di energia, di forza mentale, ma anche di qualità, perchè è stata una partita fenomenale. Il merito è tutto dei ragazzi, davvero. Perchè hanno sempre dato tutto, anche di più di quello che potevano. E lo hanno fatto ancora, anche nel momento più difficile.

Anche per questo li hai difesi con forza quando hai preso posizione contro le contestazioni e le critiche esterne.

Sì, perchè io posso anche accettarle per me. Mi fanno male perchè per il Como do tutto, ma le mando giù. A loro invece temevo potessero fare male, anche perchè erano ingiuste. In una stagione così, con un percorso così difficile in cui tutti hanno messo il massimo impegno, queste critiche rischiavano di penalizzarci. Proprio nel momento in cui c’era bisogno del massimo sostegno.

Come reagivi invece alle parole dei tanti addetti ai lavori, che spesso davano più favoriti gli altri, o comunque ne parlavano meglio? Ti sei chiesto il perchè?

Il perchè non lo so, però questo invece ci aiutava a tenerci belli vivi. La Pro Vercelli ha avuto diverse occasioni per raggiungerci e superarci, e non c’è mai riuscita. L’Alessandria, in fondo, in questo girone di ritorno è vero che ha rimontato ma ha fatto solo cinque punti più di noi. E noi l’abbiamo battuta due volte...

E’ stato un cammino non semplice nemmeno a livello personale. Quel malore a fine gennaio ha scombussolato un po’ tutti.

Sì, è stata una vicenda brutta, di cui ho parlato poco perchè non volevo alibi. Ma mi sono spaventato moltissimo. Un dolore improvviso fortissimo alla testa mentre ero in auto e stavo andando al campo, per fortuna ho avuto la prontezza di accostare perchè non ci vedevo più. E poi un enorme spavento, tanta stanchezza per almeno un paio di settimane, è stato difficile. Ricordo che sono tornato in panchina a Lecco ma stavo male, e soffrivo per non poter dare alla squadra quello che volevo. Per fortuna il mio vice Guidetti è stato fantastico, mi ha aiutato tantissimo in quel periodo, e in tutto questo percorso. Gli devo un grazie enorme, per tutto

A proposito di persone che ti sono state vicine, quanto ha contato il tuo rapporto di amicizia con Ludi?

Fondamentale. Io gli devo riconoscenza infinita, prima di tutto per avermi dato quello che desideravo da tempo, cioè la possibilità di tornare a Como. Poi per tutto quello che c’è stato in questi mesi, consigli, sostegno, abbiamo vissuto e condiviso ogni momento. E’ giusto che si sia vinto, anche per lui, perchè per come l’abbiamo vissuta ce lo meritiamo. E’ la seconda volta che lavoriamo insieme in questi ruoli, e abbiamo vinto alla penultima giornata anche la prima, con la Primavera del Novara.

E il rapporto a distanza con Wise?

Ci siamo sentiti con frequenza, anche in questi ultimi giorni. E’ stato un confronto continuo e di altissimo livello, perchè è una persona di grande spessore calcistico. Abbiamo condiviso molto ogni aspetto, ogni decisione. Non siamo mai stati soli, anzi.

Jack, sarai ancora l’allenatore del Como?

Io sono un uomo della società, farò quello che insieme si deciderà di fare, e io lo accetterò tranquillamente. Mi piacerebbe se mi offrissero la panchina? Beh, sì, certo. Ma ci sarà tempo per ragionare sulla soluzione migliore. Io oggi sono l’uomo più felice del mondo, sono felice di aver dato gioia a tanta gente, a tutti i tifosi, e sono soprattutto contento perchè so che stavolta qui c’è una società solida, che è pronta a dare al Como un futuro sicuro. E questo mi dà ancora più gioia.

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