Aggressione sul bus, la testimone
«Due arrestati erano altrove»

Ma gli autisti in aula puntano il dito: «Sono stati tutti loro» Uno dei fermati: «Io c’ero, ma quello con la maglia gialla è un altro»

Sull’aggressione ai due autisti Asf in piazza Vittoria è l’ora delle difese. Che nel corso del processo, entrato nel vivo ieri mattina, tentano di smontare l’accusa a carico di due dei quattro giovani stranieri arrestati un paio di settimane fa.

Don Alessandro Zanzi, parroco di Blevio, assicura: «Salifu Camara gira sempre in bicicletta, anche quando piove. E le poche volte che viaggia in bus il biglietto glielo procuriamo noi. No, non aveva motivo per salire a bordo della linea 11 per Tavernola». Laura, del comitato “Como accoglie”, è convinta: «Ho visto Yusupha Ceesay alle 20.47, quella sera. Era in stazione e ci siamo salutati. È impossibile che potesse trovarsi in piazza Vittoria quando sono stati aggrediti gli autisti». Infine Abdulganiyu Oseni, uno dei coimputati, chiede di poter parlare al giudice per spiegare: «Ero sul bus, ma quello con la maglia gialla che era con me non era Camara, ma un altro».

Per contro i due autisti, nel corso della loro testimonianza si sono girati verso i quattro arrestati (oltre ai tre già citati anche Jolly Imade, che ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato), li hanno indicati e affermato entrambi: «Sì, loro facevano parte del gruppo di extracomunitari che ci ha aggredito».

È durato un’ora il dibattimento per l’aggressione che ha spinto nientemeno che il ministro dell’Interno a venire a Como per dirsi solidale nei confronti dei due autisti vittime dell’aggressione. Un processo nel quale se da un lato sembrano esserci pochi dubbi sull’identificazione di due dei quattro giovani arrestati dalla polizia, dall’altro, sui restanti due ragazzi - intercettati oltre mezz’ora più tardi nella zona dei giardini a lago - i difensori hanno cercato di mettere in dubbio l’identificazione. I difensori dei due imputati che dicono che non si trovavano nemmeno nei paraggi di piazza Vittoria, la sera dell’aggressione ieri hanno portato in aula una serie di testimoni pronti a dire due cose. La prima: Camara e Ceesay erano altrove. La seconda: entrambi non avevano alcun motivo di salire sul bus per Tavernola, solitamente molto frequentato dagli ospiti dei Salesiani, perché in realtà vivono il primo a Blevio, il secondo dai Comboniani a Rebbio. La terza: il riconoscimento sarebbe stato fatto sulla base degli indumenti che indossavano, la cui descrizione fatta dalle vittime non corrisponderebbe esattamente ai vestiti indossati dai ragazzi.

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