«Così la ’ndrangheta
controlla il Comasco»

La sentenza di Insubria. «Clima diffuso di intimidazione e di omertà, la criminalità domina il territorio». Il giudice: gli affiliati a Fino Mornasco e Cermenate una volta fuori di cella commetteranno gli stessi reati

Gli imputati accusati di essere affiliati alle locali di ’ndrangheta di Fino Mornasco e di Cermenate una volta liberi «non si asterranno dal commettere ulteriori reati anche della stessa specie di quelli per i quali sono stati condannati». Altro che ’ndrangheta da osteria: a dispetto delle pene inflitte, ritenute da molti decisamente basse, soprattutto rispetto alle clamorose richieste dell’accusa, il gup di Milano Fabio Antezza non è certo tenero con Michelangelo Chindamo, Giuseppe Puglisi e gli altri imputati dell’inchiesta Insubria.

Nessun dubbio, mette nero su bianco il giudice nelle motivazioni della sentenza che ha portato alla condanna di 35 presunti affiliati alla ’ndrangheta tra Fino, Cermenate e Calolziocorte, sul fatto che «il quadro» dipinto dall’operazione Insubria sia «obiettivamente inquietante sia in considerazione» della «recrudescenza di atti intimidatori nella zona del Comasco» sia «in considerazione del fatto che quasi tutti gli episodi» scoperti dagli inquirenti «siano» stati «caratterizzati dall’omertà delle vittime». Dopotutto è questo «il patrimonio aziendale dell’associazione di tipo mafioso: la forza intimidatrice» e un «pervasivo controllo del territorio operato dalle locali».

LEGGETE l’ampio servizio su LA PROVINCIA di DOMENICA 19 luglio 2015

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