L’abbraccio della città
a Roberto Bernasconi
«Il suo sorriso già ci manca»

Tantissimi comaschi alla camera ardente - I ricordo di fedeli, volontari, amici e collaboratori

Un’anziana varca la porta della Cappella della Santissima Trinità del Cardinal Ferrari reggendosi a un bastone, e sostenuta dalla badante. Si fa il segno della croce, poi avanza fino alle panche laterali, dov’è seduta Laura, la moglie di Roberto Bernasconi . Le due donne si abbracciano, sotto gli occhi di altri fedeli arrivati per salutare un’ultima volta il direttore della Caritas.

Il volto di Roberto accoglie i comaschi con il consueto e ben noto sorriso, in una foto posizionata dietro il feretro. «Lui era così. Sorrideva sempre» ricordano Roberta Palmieri e Annalisa Prato . Per loro Roberto era «un fratello maggiore».

Non sono ancora le 15, l’ora di apertura della camera ardente, ma nella Cappella accanto alla sede della Caritas già arrivano i primi comaschi per rendere omaggio a un uomo «che mancherà tantissimo a questa città» assicura Natale Gandini .

Tra i primi a soffermarsi davanti alla bara in legno chiaro, Mauro Magatti , docente di sociologia, fondatore dell’associazione Eskenosen impegnata nell’ospitalità dei profughi: «Era un uomo di un’altra epoca storica, di un altro mondo, espressione di una sensibilità e di un’attenzione verso gli altri che forse abbiamo perso. Si approcciava agli altri con gentilezza, calma, grande attenzione. È stato l’espressione di una bella cultura popolare, capace di parlare alle istituzioni avendo in mente i bisogni concreti dei poveri. Un uomo che negli anni è riuscito a esprimere il ruolo più profondo di Caritas».

Sedute sotto l’altare la figlia Sandra, accanto a un’amica, e dietro di loro la moglie Laura, che come il marito dispensa sorrisi rassicuranti a chi si avvicina per porgere le condoglianze. «Mi sono voluta fermare per fargli un saluto - spiega Nadia Riva , all’uscita dalla Cappella ai lati di viale Battisti - L’ho conosciuto tanti anni fa, alla Sorgente» la casa alloggio gestita dai Somaschi.

Chiara ha appena finito il suo turno di lavoro ad Anagramma, meravigliosa realtà di Cernobbio dove ragazzi con la sindrome di Down sperimentano l’autonomia del lavoro: «Non si è mai arreso» dice. Con lei la mamma, Maria Cristina Salvadè : «Vede quella foto? Ecco, Roberto era quel sorriso in quella foto. Ricordo quando comprò la Multipla e disse: “L’ho presa perché così ci stanno più persone”. Aveva questa idea di accoglienza, di attenzione verso le persone, non comune».

Lia Salveraglio ricorda la sera del Rosario per pregare contro la guerra in Ucraina: «Si era già mobilitato per i profughi e aveva già stabilito i luoghi dove poter accogliere le persone in fuga». Battista Levi , attivo nella parrocchia di Sant’Agata, lo ricorda come «un uomo sempre umile, ma forte quando c’era bisogno».

La camera ardente sarà aperta anche oggi e domani dalle 9 alle 18, poi lunedì dalle 9 alle 12. Sempre lunedì, alle 15, i funerali in Duomo.

Padre Francesco Gonella , consigliere spirituale della società di San Vincenzo, esce in strada. Quando gli si chiede un ricordo dell’amico Bernasconi, sospira. E prima di parlare, esprime tutte le emozioni in un minuti di silenzio denso di significato: «Ci ha creduto» dice. E non è poco. «Ha creduto in quello che era chiamato a fare. La carica che aveva lo portava a essere un punto di riferimento». Il sottinteso di quel silenzio che precede e segue le poche parole di padre Francesco è chiaro: mancherà. A tutti.

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