Aprile 1945, ecco i fotogrammi
della fine di Benito Mussolini

Scoperte in un fascicolo d'epoca le presunte immagini tratte dal film mai trovato sulle ultime ore di Mussolini e di Claretta Petacci, da casa De Maria, a Bonzanigo, fino al luogo in cui il duce fu fucilato dai partigiani. Documento attendibile o un falso?

DONGO - Avere nella propria cassaforte un filmato sulla fine di un dittatore, quando questi risponde al nome di Benito Mussolini, sarebbe come aver vinto al Lotto. Il mondo degli storici e della politica accenderebbe i fari sul proprietario e gli ruberebbe il sonno pur di avere quelle immagini. Del resto, si ricordi che versioni sulla presunta esistenza di un filmato sull’esecuzione del duce, il 28 aprile del 1945 con Claretta Petacci, nel corso degli anni ne sono state scritte e dette parecchie. Non ultima quella del nipote di Mussolini, Guido Mussolini, che tre anni fa fece aprire un fascicolo dalla Procura di Como per cercare di capire da chi e come fosse stato ucciso suo nonno. Guido è convinto che il filmato ci sia. Il punto è capire, accertato che c’è, dove sia, in Italia o negli Stati Uniti. Ma mentre i segugi della storia cercano la pellicola, potrebbero essere le immagini dei presunti fotogrammi del filmato sull’esecuzione quelle che stanno da anni su un fascicolo del giugno 1951 con scritto: «La più grande tragedia storica in un eccezionale documento cinematografico sulle ultime ore di Mussolini». Al film si può pensare a giudicare dall’angolazione da cui le foto pubblicate sono scattate, ma potrebbero essere solo foto e non spezzoni del film.
Ad ogni modo, le immagini sono state stampate su una pubblicazione dal titolo "Dongo", scritto con caratteri grondanti di sangue che campeggiano sulla foto di un uomo che potrebbe essere il duce, faccia al muro. Sul lato destro della copertina della pubblicazione - che oggi chiameremmo un instant book, ma subito dopo la guerra in vendita a 100 lire - una bella foto scontornata di una Claretta sorridente. La pubblicazione è stata scovata, dove non si può dire e il proprietario chiede di restare segreto, da un appassionato di storia locale e che di pubblicazioni sulla fine del Duce se ne intende. Il fascicolo venuto alla luce, sempre sulla copertina, ha uno strillo che non lascia dubbi: «200 foto, per la prima volta nel mondo, un’impressionante documentazione fotografica sulla fine di Mussolini e dei gerarchi a Dongo».
Ora, la cautela è obbligatoria, ma il fatto ineludibile è che la pubblicazione esiste e le foto stampate sulle sue pagine pure. Che poi siano immagini del vero film sull’esecuzione del duce, per il momento è davvero difficile stabilirlo. La notizia è l’esistenza del documento.
E allora, sfogliamolo insieme.
La prima pagina titola «Dongo, ultimo atto di un dramma», sotto un prologo "letterario" che vale la pena di riportare: «Questa è la storia di Dongo: una rapida storia scritta a caratteri di sangue; la storia di un uomo che ha dominato un quarto di secolo della vita italiana, l’ultimo capitolo di una dittatura chiamata fascismo. La dittatura ha una logica: è come il personaggio di una favola scozzese, il quale cominciò a salire su un muro altissimo, e più saliva più si credeva grande, più disprezzava i piccoli uomini rimasti in basso. Finchè si sedette in alto e si illuse un momento di aver stabilito per sempre il suo predominio. Proprio allora, invece, un capogiro improvviso lo fece precipitare nell’abisso». Un incipit che si apre come il sipario di un teatro su una carrellata di immagini che sono tutte affiancate da didascalie che le raccontano, come in un fotoromanzo. Colpiscono molte delle foto, in modo particolare quelle in casa De Maria, con quella che sembra essere la padrona di casa e Mussolini e la Petacci di spalle.
Ma la prima immagine dell’opuscolo, imponente a piede di pagina, è quella del tronco che sbarrava la strada alla colonna fascista a Musso. Era il 27 aprile, alle 5,30 dice la didascalia, quando la colonna ingrossata dai mezzi tedeschi lascia Menaggio, le 8 quando si ferma davanti al tronco messo a cavallo della strada.
Ma andiamo oltre, una foto buia riprende «Mussolini all’interno dell’autoblindo» e mentre ascolta il resoconto del comandante tedesco che «riferisce al duce sull’esito delle lunghe conversazioni avute con i Comitati di Liberazione di Dongo e Menaggio». Ma la foto che incuriosisce di più è forse quella che ritrae di spalle un partigiano/a che imbraccia il fucile puntandolo contro l’auto corazzata dei gerarchi in fuga. E anche quella del partigiano che lancia bombe o che spara dalla collina tra Musso e Dongo è efficace.
Aderisce alla perfezione alla versione più accreditata degli ultimi momenti di vita del duce, la galleria di scatti che lo ritraggono con la testa bendata nella camera messa a disposizione da De Maria, camera dove trascorrerà la sua ultima notte con Claretta Petacci. «Claretta e Ben drammaticamente soli in un convulso di disperazione la prima, di ricordi, il secondo: giacciono sfiniti sul letto della umile stanzetta dopo la movimentata giornata. Li illumina la fiammella di una tremolante candela» spiega la didascalia del portfolio che, nella pagina successiva, mostra in una decina di foto, la presunta De Maria mettersi la mano alla bocca a coprire una smorfia di stupore nel vedere che quell’uomo che si sta togliendo le bende dal capo è nientemeno che Benito Mussolini. Purtroppo chi ha fotografato o filmato ha escluso da molte di queste stampe le teste, altre invece ci sono e sono molto chiare, sono di partigiani che bisognerebbe identificare. A non vedersi, sono invece alcune del duce e di Claretta nella camminata delle «ore 16 del 28 aprile» che li porterà nella piazzetta designata per l’esecuzione, poi fallita per una finestra di una casa che si apre. Ma il muro di Giulino non è lontano e la scarica di piombo mette fine alle due vite. Nell’ultima pagina del fascicolo si legge: «Tragica alba a Dongo. La più grande tragedia storica in un eccezionale documento cinematografico sulle ultime ore di Mussolini».

Carla Colmegna

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