Quando la seta di Como
era un affare di Stato

A margine della mostra sull' "Età dell'eleganza", a Villa del Grumello di Como, la ricercatrice Elena D'Ambrosio, ha ricostruito il "potere" dell'imprenditoria lariana dal Dopoguerra alla fine degli anni Cinquanta, scoprendo una storia inedita, fatta di vip, re e regine. E persino di sete date in dono come scambi "diplomatici"...

di Elena D'Ambrosio


Como diventa senza alcun dubbio capitale mondiale della seta negli anni Cinquanta, ma già nell'immediato dopoguerra il suo nome viene accostato all'eccellenza della produzione tessile-serica. Non per nulla nel novembre del 1947 l'allora Capo provvisorio dello Stato italiano, Enrico De Nicola, in occasione del matrimonio di Elisabetta d'Inghilterra con il principe Filippo di Edimburgo, fa pervenire alla futura regina quale dono di nozze, 19 stoffe di seta purissima, per un totale di 190 metri, tutte di produzione comasca ad eccezione di due articoli provenienti da un'azienda di San Leucio vicino a Caserta (prezioso è anche il cofanetto di quercia e di noce che le custodisce, scolpito da un artista del XVII secolo).
Sono tessuti «del tutto eccezionali sia per la purezza della materia prima, sia per l'accuratezza della lavorazione», riferisce "La Provincia" in un  servizio del 12 novembre.
Lo stesso quotidiano stila una sorta di elenco delle ditte comasche che hanno prodotto tale splendore, con una sintetica descrizione della tipologia dei vari tessuti:  «Braghenti e C: broccato di seta pura color verde marcio; Camozzi e Bertolotti: laminato di stile antico a colori; Clerici Taroni S.A.: damasco di seta pura color glicine; Industrie Seriche Taroni: taffetas scozzese seta pura rosa, azzurro e bruno; Enrico Rosasco: taffetas per abito da sera bianco operato in seta pura pesante; Terragni e C: broccato granata di seta pura; Tessilstampa S.A.: crespo stampato a più colori su fondo beige; Tessitura serica Bini: crespi di China "Cady", grigio, granata e nero; Marelli S.A. di Cantù: laminato bianco e laminato oro su fondo arancione stile antico; Alfredo Redaelli di Rancio di Lecco: velluti in tutta seta nei colori nero, azzurro e rosa; S.A. Edoardo Stucchi di Lurate Caccivio: damasco in seta pura color celeste».
Il dono risulta particolarmente gradito e, infatti, non tardano a giungere a De Nicola i ringraziamenti della sposa, subito riportati dalla stampa: «(...) Desidero inviarvi i più profondi ringraziamenti per il magnifico dono di sete italiane così varie e diverse e di così squisito disegno che avete voluto inviarmi anche a nome del popolo italiano (...) Chiunque le ha vedute le ha ammirate. Potete essere sicuro che io le porterò e le adopererò con vera gioia».
Anni dopo, nel febbraio 1955, i periodici locali e nazionali danno un enorme risalto ad un altro matrimonio reale, quello della principessa Maria Pia di Savoia con il principe Alessandro di Jugoslavia. Per soddisfare la curiosità dei lettori viene rivelato che l'abito della sposa è stato creato da una delle sartorie italiane più rinomate dell'epoca, le Sorelle Fontana di Roma, e il tessuto - un pesante raso bianco "diamante" - appositamente prodotto da una ditta di Como di cui non viene fatto il nome, ma che dovrebbe essere la Clerici Tessuto.
Il modello molto semplice, è arricchito da uno strascico non particolarmente lungo, mentre sul capo - riferisce il settimanale Oggi - la principessa avrebbe dovuto portare il pizzo nuziale che fu della bisnonna, la regina Margherita, ma essendo ingiallito dal tempo non si accordava col bianco brillante dell'abito e così viene sostituito da un velo di tulle. A quanto pare - la nostra fonte è La Provincia - «tutti gli abiti che Maria Pia ha scelto nella collezione delle Sorelle Fontana, sono confezionati in seta comasca», e dalla nostra città giunge in omaggio alla sposa uno splendido taglio di 10 metri di raso pesante, tessuto con i fili di 21 colori, «una specie di meraviglia fuori commercio» , precisa sempre il quotidiano La Provincia, che verrà esposto a Cascais in una mostra di tutti i regali di nozze ricevuti dalla coppia di sposi.
Restando nel mondo dei vip, anche le star di Hollywood subiscono il fascino non solo delle bellezze naturali del Lario, ma anche della pregiata seta comasca e non disdegnano di fare shopping in centro, come Rita Hayworth che acquista presso le seterie Moretti «dieci tagli d'abito di seta pura», o Tyrone Power e la moglie Linda Christian che durante la loro permanenza a Como si recano alle seterie Bellotti.
Il grande attore Clark Gable approda a Como espressamente per rifornirsi di cravatte, rivela il rotocalco Tempo nell'ottobre del 1952, anche se secondo i ben informati, il suo improvviso arrivo a Como da Londra dove stava girando un film, nasconde un secondo scopo: l'incontro con una indossatrice parigina, tale Suzanne Dadolle, che aveva iniziato a frequentare da poco, dopo il divorzio dalla quarta moglie.
A Villa d'Este riceve il suo fornitore di cravatte, il milanese Giuseppe Battaglia insieme alla figlia, e si fa accompagnare in città, dove si sofferma in vari negozi, riconosciuto e salutato dalla gente. Viene persino raggiunto da un incaricato dell'Ente Provinciale del Turismo di Como che gli dona una riproduzione della famosa barchetta lariana. Terminiamo questa rapida "carrellata vip" con un altro attore famoso, Gary Cooper, che nelle interviste ha sempre sostenuto di "vestirsi" esclusivamente in Italia e nel corso degli anni Cinquanta è spesso a Roma e a Milano per arricchire il suo guardaroba.
In quest'ultima città il suo contatto è proprio Giuseppe Battaglia, tra l'altro proprietario di un negozio di abbigliamento con succursale a New York, ed è quindi probabile che le sue cravatte, come quelle di Clark Gable, portassero il "marchio" di Como.

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