"Charlie Brown & C.
Maestri di felicità"

I Peanuts compiono 60 anni e godono di  ottima salute e di costante popolarità. Ne parliamo con Simona Bassano di Tufilo, autrice della “Piccola storia dei Peanuts”, che sarà presentato dall'autrice l'11 novembre alle 18 alla libreria Ubik Como

I Peanuts compiono 60 anni e anche se il loro “papà”,
Charles M. Schulz li ha lasciati orfani nel 2000 godono di
ottima salute e di costante popolarità. Ne parliamo con
Simona Bassano di Tufilo, autrice della “Piccola storia dei
Peanuts”, volume edito da Donzelli che sarà presentato
dall'autrice l'11 novembre alle 18 alla libreria Ubik di
piazza San Fedele a Como. Napoletana, laureata in Arti
visive al Dams di Bologna e in Grafica all'Accademia di
belle arti di Napoli è anche autrice di apprezzati fumetti con
il nome d'arte Sbadituf.
Come nasce la passione per i Peanuts?
È una presenza costante nella mia vita, sin da bambina
illetterata. Era uno dei tanti fumetti che “frequentavano” casa
mia: l'attrazione per le linee essenziali e perfette in bianco e
nero di Schulz fu fatale. Poi nel tempo li ho anche
abbandonati ma sono sempre rimasti in un posto speciale,
tra il cuore e la memoria. Solo dopo aver scritto il libro ho
capito perché. Averne sviscerato ogni ambito, rileggendoli,
inquadrandoli nella storia sociale degli Stati Uniti e nella
tradizione dei fumetti made in Usa e studiandoli come
un'opera d'arte mi ha finalmente reso chiare le ragioni di un
amore infinito: i Peanuts sono maestri di felicità. 
Quali sono le motivazioni di questo successo?
Son amati in tutto il mondo perché hanno più livelli di
lettura. C'è quello delle gag, della comicità ma si avverte
anche molto di più: ci accorgiamo che quel microcosmo
racchiude le stesse regole dell'universo. C'è
l'incomunicabilità diffusa di ogni società umana, con
fraintendimenti, discorsi tra sordi, giochi di potere, guerre di
nervi e l'isolamento dei deboli. Eppure accadono piccoli
miracoli di comunicazione, e di amore. Ci sono attimi,
scintille, in cui Snoopy interagisce con le foglie, Linus
accarezza gli uccellini sulla testa, Lucy parla con un insetto,
Sally con la scuola. E la scuola, l'insetto, le foglie, gli
uccellini, tutti a loro modo rispondono. Sono solo attimi, poi
tutto torna come prima e ripiomba nell'incomunicabilità,
anche tra soggetti della stessa specie. Ma quegli attimi,
quelle trovate comiche formidabili, hanno aperto una
breccia, hanno spianato la via di un insegnamento
meraviglioso: bambini, animali, vegetali e minerali vengono
messi tutti sullo stesso piano, hanno tutti lo stesso diritto di
parola nella striscia che nella sua forma agisce da livella
(come nella poesia di  Totò). Schulz, prima dei grandi
pensatori olistici del Novecento, ha rimesso l'uomo al suo
posto nel mondo: non il centro dell'universo, non una
creatura a parte rispetto alla natura, bensì una parte del
grande cerchio della vita nel mondo. È una visione
ecologica ante-litteram: significa riprendere coscienza del
fatto che a ogni azione corrisponde una reazione, che
qualunque cosa si faccia alla natura se ne pagheranno le
conseguenze perché ne siamo parte integrante.
Come sono cambiati?
Ho dedicato due interi capitoli all'evoluzione del lavoro di
Schulz: uno per la narrazione e i testi e l'altro per la forma
visiva. Apparentemente è rimasto fedele a se stesso ma a
un'analisi più approfondita si notano i cambiamenti.
Formalmente, la linea era più dura all'inizio e si è resa
sempre più eterea e aggraziata fino al tratto “tremolante”
degli ultimi anni, estremamente poetico. Per i testi e la
struttura del fumetto più che di evoluzione parlerei di un
lasciarsi andare. Il timido Schulz degli esordi non osò
uscire troppo dai bordi del genere che aveva scelto, quello
del racconto di marachelle infantili, estremamente popolare
negli States. Bastarono pochi anni di rodaggio e la sua
poetica venne fuori, prima nel trasformare Charlie Brown
nell'eterno perdente, icona dei nostri tempi, poi, un po' alla
volta, nel dare voce a ogni presenza del suo microcosmo.
Nel libro è confutata l'antica lettura di Umberto Eco che
parlò di “bambini metafora”.
È un'interpretazione riduttiva, data oltre quarant'anni fa e
basata su un dato “tecnico”. Eco definì i Peanuts
“bambini-mostri, metafora di un mondo adulto stressato e
nevrotico”. La giustificazione tecnica era data dall'assenza
di adulti nel fumetto ma non sono gli unici: sono assenti
altri bambini, penso agli avversari di baseball o alla
ragazzina dai capelli rossi, sono assenti altri animali come
lo “stupido gatto dei vicini”, perfino alcuni personaggi
immaginari come la “Grande Zucca” - tradotta con un po'
troppa libertà “Grande Cocomero” - o il Barone Rosso.
Eppure non sono affatto assenti, anzi, sono protagonisti a
tutti gli effetti. Insomma, non è unicamente un fumetto “di
bambini”. E c'è anche una obiezione più profonda ai
parametri di Eco: relegare tutta la poetica di Schulz alla
rappresentazione delle nevrosi della società   significa
buttare a mare tante belle parole spese a favore del fumetto
come arte. La portata dei Peanuts è di ben altra ampiezza e
spero di averlo dimostrato con chiarezza attraverso il mio
libro.

Alessio Brunialti

 

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