A Como la chiave
dei simboli medievali

In un saggio di Chiara Frugoni numerosi riferimenti lariani per illustrare il significato delle immagini sacre

Spesso davanti a un'opera d'arte del passato capita di chiedersi: «Ma che significato ha,che vuol dire?». Una risposta a questa domanda la si può cercare nell'ultimo libro di Chiara Frugoni "La voce delle immagini. Pillole iconografiche dal Medioevo", edito recentemente da Einaudi, nella collana dei Saggi ( Pp. XXII-330, 35 euro). Anzi un chiarimento di metodo lo si può trovare proprio nella "Giustificazione" introduttiva dell'autrice: «Le immagini medievali si esprimevano con una loro lingua fatta di gesti in codice, di convenzioni architettoniche, di dettagli allusivi, di metafore, di simboli: se non li conosciamo, quelle immagini non hanno voce». Allo studio di queste immagini Chiara Frugoni, si era accostata portando in giro in lambretta il padre, il noto medievista Arsenio, alla ricerca di danze macabre: anche nelle valli lombarde da cui questa famiglia trae la sua origine, tra Brescia e la Val Cavallina.
Così che ora la nota medievista ci ha lasciato, sulla scorta di quelle emozioni, un incantevole taccuino di viaggio lungo sei itinerari: Dominare e subire; Il linguaggio del dolore, i gesti della parola; Davanti, dentro, sopra e sotto, e altre convenzioni simboliche; La rappresentazione del diverso; Figlio e madre e cori angelici; Maria e Cristo. Con un dono in più: Como è la città lombarda che ricorre maggiormente dopo Milano in questa scorribanda tra i simboli del Medioevo.
Il primo affresco lariano di cui tratta Chiara Frugoni è nel capitolo IV, dedicato alla Rappresentazione del diverso: «In una Crocifissione il cui committente potrebbe essere stato il vescovo francescano Leone III Lambertenghi, 1295-1325, affrescata nella chiesa di Sant'Abbondio in Como, il pio e barbuto centurione con scudo tondo, spada e scudo da braccio, stringe nella sinistra la mazza di comando, mentre con la destra indica Cristo in croce». Dove appunto il celebre Longino rappresenta il tema della conversione subito dopo la Passione di Gesù.
L'altra citazione riguarda il rapporto tra la Madonna e sua madre Anna e si trova nel capitolo conclusivo dell'opera, quello dedicato al rapporto tra
Maria e Cristo. Scrive Chiara Frugoni: «Se Maria era destinata a diventare madre di Cristo non si poteva però lasciare in ombra Anna, madre di Maria e futura nonna del Redentore. La straordinaria parentela è espressa in un affresco del tardo secolo XIV nella chiesa di San Fedele a Como dove vediamo, messe fianco a fianco, due immagini che la illustrano secondo due tipiche iconografie». Prosegue poi l'autrice: «La prima (a sinistra) è nota come quella di Sant'Anna metterza, Anna messa cioè terza per sottolineare come l'anziana santa fosse terza in ordine di importanza dopo la Madonna e il Bambino. Tale immagine, un corollario della credenza, poi divenuta dogma dell'Immacolata concezione, a Como è stata messa in parallelo all'immagine (di destra) del Trono di Grazia, l'illustrazione cioè del dogma della Trinità, volendo creare una corrispondenza fra la parentela umana e quella divina di Cristo. Il pittore si sforzò di sottolineare contemporaneamente l'idea di un Dio uno e trino: Dio Padre ha infatti la croce iscritta nel nimbo e la colomba dello Spirito santo è appoggiata sul braccio orizzontale della croce».
Chiara Frugoni non era nuova a ricerche relative a personalità artistiche originarie della regione lariana. Nel 1995 aveva curato per Einaudi uno splendido volume su "Benedetto Antelami e il Battistero di Parma", su un artista di possibili ascendenze intelvesi; nel 1996 si era ad esempio dedicata a un'altra monografia specifica su un altro artista originario della Diocesi comense, "Wiligelmo: le sculture del Duomo di Modena", edito dall'editore Panini: l'artefice nel 1099 della facciata e delle sculture di quella cattedrale, a cui attese anche l'altro comasco Lanfranco.

© RIPRODUZIONE RISERVATA