Puritani, "bu" alle scene
Ma la Pratt salva l'opera

La cornice lugubre, con citazioni cimiteriali, non è piaciuta al pubblico, scettico verso la regia. Anche il tenore era in giornata "no". Si replica domenica 6 novembre alle ore 15,30. Leggi la nostra critica.

di Maria Terraneo Fonticoli

"I puritani" di Vincenzo Bellini, approdati venerdì in Teatro Sociale, è stato uno spettacolo che ha vissuto di luci e ombre,  parte dovuti a sfortunati eventi e parte a scelte strutturali. Si sa, «Puritani» è sempre un azzardo, che può essere da noi condiviso, perchè è un capolavoro che costituisce il cardine nodale tra Classicismo e Romanticismo, ma pretende intepreti fuori classe (anche se noi non pretenderemmo la perfezione assoluta); d'altra parte, oggi, bisogna saper giocare scenicamente con tantissimi elementi non affatto facili da realizzare ma soprattutto condividere e chiarire al pubblico. Iniziamo dalle voci: la stella senza rivali è stata Jessica Pratt dalla bella voce duttile e una importante presenza scenica. La sua Elvira é stata vergine fanciulla, felice prossima sposa, poi delirante donna abbandonata e tradita dall'amato.
Ha temperamento, agilità di ugola e una recitazione molto sciolta. Il coprotagonista Gianluca Terranova, era in serata "no" a causa di un lieve malore: eroicamente non ha voluto lasciare la scena fino alla conclusione. Dignitoso il Giorgio di Ugo Guagliardo, sostituto, in corsa, di  Luca Tittoto bloccato a Genova dall'alluvione. Applaudito il Riccardo di Alessio Arduini, mentre non significative le prove degli altri : L. Leoni, M. Voleri, A. Nicoli. Con qualche piccolo sfasamento ritmico il numeroso coro diretto da Antonio Greco. Passiamo alle dolenti note della regia e della scenografia del duo Carmelo Rifici-Guido Buganza che hanno provocato i «bu» del loggione alla fine, le cui idee si capivano condivise tra di loro con una certa coerenza ma con  tanta, troppa fantasia. Regia fluida ma inserimenti discutibili dovuti a compresenze di attori muti replicanti la duplice realtà dei personaggi: escamotage ben realizzato ma troppo cerebrale per cui non è stato accettato dai presenti. Bella la scena divisa in due piani, ma troppo cimiteriale l'allestimeto delle scene  di contorno con loculi da cui uscivano e rientravano ogni volta  oggetti simbolici, personaggi, figuranti... Il tutto ci è parso abbastanza impermeabile alle ragioni della drammaturgia di quest' ultimo Bellini. Bellissimi i severi costumi di Margherita Baldoni sui toni bianco-nero-grigio (facevano eccezione i rossi di Arturo ed Enrichetta), ben inseriti nelle severe linee architettoniche della scenografia. "Buato" anche il direttore d'orchestra, un po' pompieristico, d'accordo, ma senza infamia né lode...

(Leggi l'intera critica sull'edizione cartacea de La Provincia di Como in edicola il 6 novembre)

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