Magico Capossela
fa sognare il Sociale

È impossibile limitarsi ad «assistere» allo spettacolo di Vinicio Capossela e la sua ciurma di musicisti, cantanti, mimi, nani (uno, finto) e ballerine. Lo ha varato anche in un Teatro Sociale gremitissimo, sabato sera, trasformando il palcoscenico nella pancia di una balena che si è inghiottita anche la scialuppa, come quella di Pinocchio

di Alessio Brunialti

È impossibile limitarsi ad «assistere» allo spettacolo di Vinicio Capossela e la sua ciurma di musicisti, cantanti, mimi, nani (uno, finto) e ballerine. Lo ha varato anche in un Teatro Sociale gremitissimo, sabato sera, trasformando il palcoscenico nella pancia di una balena che si è inghiottita anche la scialuppa, come quella di Pinocchio.
Ma non è Collodi il referente di quello che è, oggi, indubbiamente l'artista italiano più interessante, capace di costruire uno spettacolo di un'intensità inedita nell'ambito della semplice canzone d'autore. Capossela è, qui, anche pianista, chitarrista e cantante, ma soprattutto è narratore, quasi un ipnotizzatore quando trasporta tutti sulla tolda del suo Pequod inneggiando al "Grande leviatano", fischiettando la giga dell'"Oceano oilalà" ponendosi subito "Dalla parte di Spessotto". Il Conrad di "Lord Jim", Melville, soprattutto, con "Billy Budd" e, naturalmente, "Moby Dick", citato pressoché letteralmente per bocca di Pavese ne "La bianchezza della balena" e "I fuochi fatui". I musici sono anche attori e marinai, le coriste diventano all'occorrenza corpo di ballo della sirenetta "Pryntyl", ma anche le tre parche della tradizione greca quando ci si sposta dall'oceano Atlantico al mare Egeo per "Calipso", "Aedo", "Dimmi Tiresia", per il ciclope "Vinocolo" che giunge in scena ebbro del vino di Ulisse, per "Le Pleiadi" dove l'eroe e Penelope dialogano a distanza osservando le stesse stelle. Non c'è intervallo per non spezzare la sospensione dell'incredulità che travolge a tal punto i presenti che, a tratti, la commozione e la partecipazione diventano tangibili fino all'esplosione finale in un lungo applauso liberatorio che "costringe" Vinicio a due lunghi bis dopo essere uscito dal disco "Marinai, profeti e balene" restando in tema con "La S.S. dei naufragati" e festeggiando con "L'uomo vivo". Arrivano dal passato "I pianoforti di Lubecca" e "Pena de l'alma" e l'evocativa "Dove siamo rimasti a terra Nutless". Ma un momento toccante, da solo al pianoforte, è quello che Capossela impiega per introdurre la sua prima canzone celebre, "All'una e trentacinque circa", dedicandola al locale canturino che ne ha preso il nome, «Ci ho passato alcune serate, anni fa, di quelle che il giorno dopo nessuno era in grado di ricordare cosa era successo». Tutti, invece, ricorderanno quello che è accaduto al Sociale, uno spettacolo magico, quasi lirico: il concerto dell'anno.

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