Le utopie di Mario Botta
L'architettura di una vita

Pubblicata la biografia del celebre architetto ticinese, nato nel 1943, ormai celebrato in tutto il mondo. L'abbiamo letta per voi. Guarda la fotogallery.

di Stefania Briccola

Mario Botta si racconta senza riserve in un libro-intervista. Sembra di vedere scorrere i fotogrammi di un film del neorealismo leggendo i capitoli iniziali dell'autobiografia dell'architetto svizzero di fama mondiale nato a Mendrisio nel 1943.
In "Vivere l'architettura. Conversazione con Marco Alloni", (Edizioni Casagrande", 229 pagine, 25 euro) la sua è una storia in bianco e nero che dipana il suo incanto nel lessico di cose semplici tra rigore e determinazione. A fare da sfondo ci sono  il villaggio di Genestrerio, con gli echi della guerra e i ricordi dell'ultima stagione contadina, scandita dai ritmi della terra e dalla fatica quotidiana. Al centro c'è un ragazzo pieno di speranze con una madre giacomettiana, filiforme e dal volto senza fine. Questa donna scolpita nella pietra insegnerà al figlio l'utilità sociale del lavoro e il senso di una bellezza fatta di fierezza e dignità. L'essere nato in un luogo al confine con l'Italia rafforza nel futuro architetto la coscienza transfrontaliera e ne fa uno svizzero più legato alla vicina città di Como, piuttosto che a Lugano o Zurigo. Si avverte tra le righe un sentimento di condivisione tipico di una generazione per cui il confine diventa un territorio comune, e non una barriera, dove c'è complicità tra gli abitanti vicini. La cultura del fare e l'insofferenza per la scuola fanno incontrare presto al ragazzo la vocazione per il disegno e per l'architettura. A sedici anni Mario Botta progetta la sua prima abitazione per alcuni parenti e vive l'emozione di vedere le linee sulla carta trasformarsi in muri. Nel periodo del liceo trascorre i pomeriggi al Museo Vela di Ligornetto a copiare le statue convincendosi che il disegno e la storia dell'arte sono il suo mondo. Solo all'ultimo anno sceglie di voler fare l'architetto anche per una questione di concretezza.
Poi frequenta l'università a Venezia negli anni della contestazione e fa l'incontro determinante con Giuseppe Mazzariol. Nel libro Mario Botta si sofferma sulle figure dei maestri che gli hanno cambiato la vita e rispondono ai nomi di Carlo Scarpa, Le Corbusier e Louis Kahn. Sfilano luoghi, incontri e progetti tra Venezia e Parigi. I capitoli approfondiscono la visione dell'architettura, tra spazi dell'abitare e della memoria, illustrano i progetti salienti, tra cui musei e chiese, danno voce a speranze, delusioni e riconoscimenti. Si legge degli slanci della "nuova scuola ticinese" e della sfida dell'Accademia di architettura di Mendrisio. Solo qualche parola svela il segreto del successo globale ottenuto da Mario Botta: «Per riuscire nell'architettura  bisogna essere dei combattenti».

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