Padre Busa e l'Ibm
Un'avventura digitale

Quando si trovò a studiare l'immensa opera del filosofo Tommaso d'Aquino, a padre Roberto Busa fu subito chiaro che serviva un colpo d'ala tecnologico per realizzare l'Index Thomisticus, l'elenco dei lemmi e delle concordanze del pensatore medioevale. Fu così che nel 1949 riuscì a farsi predisporre, dall'Ibm, un computer con schede perforate. Pioniere dell'informatica applicata alla cultura, ottenne anche l'attenzione di "Life" e fu consigliere dei Pontefici. È morto un anno fa a Gallarate: il prossimo anno avrebbe compiuto cent'anni

di Martino Cervo

Il più grande tomista della storia contemporanea riposa a Gallarate da un anno esatto. Padre Roberto Busa  è stato due volte figlio dell'Aquinate: per merito e per metodo. Vicentino (nasce a Lusiana il 28 novembre 1913), presto segue il padre ferroviere nel bellunese. Compagno di scuola di Albino Luciani, matura una vocazione limpida che lo porta prima a entrare nei gesuiti e quindi, nel '40, all'ordinazione sacerdotale.
<+titolino>Svanito il sogno missionario
<+tondo><+togli_rientro>A Roma i superiori alla Gregoriana ne smorzano i furori missionari per destinarlo alla linguistica. E qui c'è il primo grande servizio a San Tommaso: don Roberto lavora a una tesi sul lessico dell'interiorità nella Summa Teologica. Si accorge - e questo è il secondo tratto "tomista" - che il metodo fino allora usato per approcciare i testi è inadeguato: chiede doti impossibili all'uomo (memoria, assenza di errori, rapidità di archiviazione), e delle macchine non sfrutta possibilità di calcolo pur disponibili. Per la prima volta si fa strada la grande idea per la quale padre Busa, in Italia ancora troppo poco conosciuto, è considerato un genio mondiale, tanto che negli Stati Uniti un prestigioso premio scientifico porta il nome: trovare un modo che permetta l'approccio scientifico, informatico, alla lingua, colmando così uno iato irrazionale tra discipline umanistiche e matematiche. Tanto è spericolatamente avanti sui tempi padre Busa, che mancano i supporti tecnologici con cui tentare questa immensa traversata: la "traduzione" di dati testuali in un codice trattabile dalle macchine.
Ma ad aiutare il sacerdote c'è la tenacia ironica di tanti veneti: nel '49, accompagnando in viaggio di piacere negli Usa la figlia di un amico, Busa ottiene un appuntamento con Thomas Watson, creatore e patron dell'Ibm, vicinissimo a Roosevelt. Gli espone il suo "problema" e l'americano si prende un po' di tempo per parlare con gli ingegneri, prima di opporgli un no.

(Leggi l'intero racconto dell'avventura culturale del gesuita di Gallarate, morto un anno fa)

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