Antichi culti esoterici
sull'amuleto della maga

Su una lamina d’oro trovata nella tomba di una donna romana a Como
due formule magiche per invocare la protezione dagli influssi malefici

Una testimonianza della diffusione a Como di culti esoterici ci viene offerta da uno straordinario reperto archeologico: una tomba di epoca tardo-antica, di quella che è stata definita una maga, poiché portava al collo una laminetta aurea con dei segni scritti, una sorta di amuleto portafortuna. Il ritrovamento appartiene a uno scavo archeologico condotto a Como nel 1999 tra viale Varese e via Benzi, che ha riportato alla luce un vasto quartiere situato all’esterno delle mura della Comum romana, nel suburbio occidentale, di cui si sono riconosciute diverse fasi archeologiche: a partire dal I secolo a.C. l’area era occupata da una necropoli a cremazione, poi sostituita, nel corso del I secolo d.C., da edifici di tipo residenziale; successivamente, fra il III e il IV secolo d.C. l’area venne nuovamente destinata a necropoli, con tombe a inumazione tra le quali quella della donna con la laminetta d’oro (si tratta della tomba n°15), che è attualmente conservata presso il deposito del Museo Archeologico «Paolo Giovio» di Como, e di cui offriamo un’anteprima attraverso le foto di questa pagina. Si tratta di un monile che non veniva utilizzato solo a scopo ornamentale, come spiega Isabella Nobile, conservatrice presso il Museo Giovio: «Questa laminetta veniva portata al collo, specialmente da donne e bambini, e non veniva utilizzata solamente per ornamento o decorazione, ma aveva lo scopo anche di salvaguardia, di protezione contro possibili influssi malefici».

Si tratta di un genere di amuleto che appartiene ad una tipologia comune nell’epoca imperiale, ispirata da dottrine della magia ebraizzante ed egittizzante dove si usava incidere delle formule magiche (charakteres), come spiega la dottoressa Nobile: «Sono simboli che corrispondono a determinate divinità, e che attingono la loro origine al mondo ebraico-giudaico». Si riteneva infatti che i characteres riproducessero esattamente la natura degli dei, e quindi venivano spesso invocati. Questa laminetta in oro, conservata in due frammenti, non è la sola ad essere stata ritrovata nella tomba n°15: «La tomba di questa donna, di epoca tardo-antica - racconta la dottoressa Nobile, - contiene anche un cilindretto, sempre in oro, con due gancini per appenderlo al collo, con all’interno un’altra di queste laminette, questa volta in piombo, che non è stata estratta a causa del rischio di rovinarla: quindi l’astuccio in oro reca (non si vede ma le radiografie lo hanno evidenziato) un’altra di queste laminette magiche che è ancora dentro». È probabile che anche questo monile fosse legato ad antiche forme di superstizione, poiché nell’antica Roma si usava incidere su delle laminette in piombo il nome della persona che doveva essere colpita dalla fattura (o il proprio stesso nome al fine di ottenere lo scopo desiderato), insieme a una determinata formula magica dedicata alla divinità che avrebbe dovuto svolgere il "compito". Gli aspetti un po’ superstiziosi, magici, sembrano essere peculiari del comasco e del lecchese, come testimonia la presenza di una particolare concentrazione di questo tipo di monili risalenti all’epoca tardo-antica: «Non sappiamo se c’erano dei laboratori nel comasco - precisa la dottoressa Nobile - ma sicuramente c’erano delle persone abbastanza dedite a questo tipo di pratica». Di questo tipo di laminette, il cui uso è attestato da appositi studi, ne sono state trovate due nella fine dell’Ottocento in provincia di Como, a Longone al Segrino, e due nel lecchese: una a Molteno, e un’altra a Barzanò. Nella stessa tomba appartenente allo scheletro femminile è stata ritrovata anche una collana in granati oltre a dei bellissimi contenitori in vetro, conservati grazie a un’alluvione del Cosia che, passando lì vicino e portando del fango all’interno della tomba, ha permesso una loro perfetta conservazione.

<Abbiamo quindi oggetti in vetro ben conservati - afferma la dottoressa Nobile - e questa signora aveva anche questi tre oggetti in vetro, tra cui una bellissima fiala. Questi contenitori presumibilmente contenevano oli profumati, unguenti e balsami però, ad esempio su quella fiala è aperta la discussione anche tra gli studiosi: qualcuno ritiene che fosse semplicemente un contenitore per qualche essenza legata alla toeletta, altri ritengono invece che contenesse del vino».

Manuela Moretti

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