Big Bang o creazione? Scienza contro fede

Il tema in un libro di Chiaberge, mercoledì 8 ottobre a Como: <Stato di guerra permanente>

Un appassionato confronto su uno dei temi più attuali e decisivi: il rapporto fra fede e ragione, le  distanze e i punti di contatto. È questa l’ambiziosa impresa di Riccardo Chiaberge, giornalista e scrittore ferrato in temi culturali e scientifici, responsabile al Sole 24 Ore della terza pagina e del supplemento «Domenica». Un’impresa, la sua, che nasce sul terreno dell’esperienza, in un dialogo raccolto dal vivo fra George Coyne, gesuita e astronomo di papa Wojtyla, e Arno Penzias ebreo tedesco scampato ai lager e premio Nobel della fisica per aver scoperto l’originale scintilla del Big Bang.
La differenza sostanziale fra i due studiosi, entrambi scienziati di rilievo, sta nel modo di approcciare e valutare la fede, premessa basilare per l’indagine scientifica secondo il religioso Coyne, incidente  per Penzias che non crede nell’esistenza di Dio e dell’anima. In stile narrativo l’autore di <La variabile Dio> (Longanesi, 194 pag., 14,60 euro) raccoglie provocazioni e sfide di un dialogo sempre sul filo della ricerca  aperta all’ipotesi di un’intesa che eviti la contrapposizione ideologica e cristallizzata, la polemica sterile che inchioda i concetti nei pregiudizi.
 «L’idea di questo libro mi è nata da un senso di crescente disagio rispetto ad un clima culturale che trovo soffocante - ammette Chiaberge, che mercoledì 8 ottobre alle 16.30 sarà alla libreria Ubik di Como, in piazza San Fedele, per firmare copie del suo libro - quello del muro contro muro oggi ricorrente proprio riguardo al rapporto scienza-fede. Da un lato vi sono i fondamentalisti cristiani che vedono nella scienza un nemico da sconfiggere, dall’altro i neodarwinisti duri e puri che considerano la fede una sorta di malattia mentale, una forma di superstizione oscurantista, frutto di ignoranza". Nel libro questo stato di guerra permanente viene interrotto e verrebbe da dire, si comincia a "ragionare" sul serio, facendo cadere stereotipi e astrattezze: «Si giunge al paradosso: ad un certo punto Coyne, religioso, muove critiche alla Chiesa sul caso Galileo e Penzias, non credente, denuncia gli errori di una scienza che pretende di avere tutte le soluzioni in tasca...».
Attraverso il serrato dialogo emerge chiara la distinzione fra l’ambito della conoscenza scientifica e la sfera che attiene alla ricerca del senso e alle domande sul destino dell’uomo: «Effettivamente proprio lo scienziato ateo chiarisce che la scienza, per essere coerente, deve riconoscere dei limiti... Quando pretende di spiegare tutto diventa una sorta di ideologia, una fede. Restano aperte le domande esistenziali che riguardano indistintamente ogni uomo, che emergono anche in chi non crede, anche in chi non ammette di avere questa sete di senso».

Laura d’Incalci

© RIPRODUZIONE RISERVATA