Donne & politica,
a Como satira amara

La vicenda delle mogli che presidiano il parlamento letta e attualizzata dalla regista Sinigaglia. In scena anche un grottesco personaggio, afflitto da un metaforico mal di pancia

Donne alla conquista del potere ma non è un  inno alle “quote rosa”. Il mondo antico in cui il gentil sesso prende il comando è piuttosto una realtà grottesca, alla rovescia. Qui gli uomini sono presi dai bassi istinti (vedremo addirittura il protagonista nel vano e ridicolo tentativo di espletare i propri bisogni fisiologici per tutto il tempo) e le donne impongono un uso “materialista” e gaudente, del governo conquistato. Comicità, satira, provocazione e critica dei costumi, sono ingredienti di "Donne in parlamento", spettacolo che va in scena il 4 e il 5 aprile, alle 21, al teatro Sociale di Como. Si tratta di un testo di Aristofane, riletto, con toni amari, dalla regista Serena Sinigaglia, con la compagnia Atir.
La trentacinquenne milanese di cui il pubblico comasco ormai conosce la poetica corale, mette in scena una delle ultime opere del commediografo. Stasera, alle 18.30, nel foyer, ne spiegherà i contenuti in un incontro.

Sinigaglia, per lei e Atir, un ritorno al classico. Che rilettura ne offrite al pubblico?

Non c’è stato alcun lavoro di rielaborazione da parte mia, sul testo. Due le operazioni principali: la prima è stata quella di affidare la traduzione a Laura Curino. Non volevo un testo accademico e letterario. Laura è una donna di teatro, ci conosce e nello stesso tempo è una esperta di teatro greco. Questo ci ha permesso di padroneggiare una lingua davvero teatrale.

E la seconda operazione?

Una semplice ridistribuzione di alcune battute in base agli attori a disposizione. Nella sostanza, il testo che vedrete in scena è l’originale di Aristofane.

Qualche lettura che ci riporta all’oggi?

Sono contraria alle letture attualizzanti. Se vogliamo, la stessa scelta di proporre in scena un testo, lo rende attuale, senza bisogno di stravolgerlo. Piuttosto ho scelto di andare controcorrente, rispetto agli ultimi allestimenti aristofaneschi. No a messinscene intellettuali ma tanta comicità “di pancia”, in cui la satira e la matericità della vita sono protagoniste.

Cosa significa per le donne, prendere il potere?

Sfatiamo il mito dell’esaltazione del femminismo. All’epoca di Aristofane sarebbe stato impensabile. Per Aristofane, dire “donne in parlamento” è lo stesso che dire “i cavalli possono volare”, un controsenso, un paradosso assurdo. L’autore, vuole rappresentare un momento di terribile decadenza, di caos, di mondo che va a rotoli. Le donne prendono il potere ma non miglioreranno la situazione sociale della città, che anzi andrà verso la rovina, in una grande orgia di cibo e di sesso. Se vogliamo, l’attualità di questo testo sta proprio nella raffigurazione di una società decadente, cui la nostra somiglia molto.

Agli attori un compito difficile…

Ho chiesto loro una recitazione fisica, caricata, quasi animalesca. In più ho scelto di mantenere la parte musicale, con brani ad hoc di Carlo Boccadoro e Sandra Zoccolan, che riprendono la struttura della commedia.

Va in scena una società che ha perso slancio ideale?

Sì, è la visione amara di un mondo senza poesia e prossimo alla fine. Una visione profetica di Aristofane.

Sara Cerrato

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