Giorgio Albertazzi:
"Con Calvino a Como,
luminosa come Amalfi"

Tra i migliori al mondo, l’attore al Sociale con "Lezioni americane"
"Reciterò il tema della leggerezza: dirò che Obama è leggero, Bush no"

«Sono un attore che scrive tutte le sere un testo diverso, uno che, sulla scena, racconta emozioni, lontano da qualsiasi accezione accademica. Di me vorrei si dicesse quello che Cechov esclamò, un giorno, osservando Eleonora Duse: “Peccato che noi non abbiamo una grande interprete come lei. Recita parole di altri, ma è come fossero sue”». Con questa dichiarazione d’amore al mestiere d’attore comincia il dialogo con Giorgio Albertazzi, tra i massimi attori viventi nel mondo. L’occasione è l’attesissimo arrivo a Como, che l’attore ricorda «bellissima e luminosa, pensi un po’, luminosa come Amalfi».

Il pubblico potrà applaudirlo, al Sociale il 26 novembre alle 21, in un allestimento della serie Assolo e pensato per pochi fortunati. Si tratta di Lezioni americane, di Italo Calvino, spettacolo conferenza sul tema della Leggerezza, dedicato alla prima delle cinque conferenze preparate da Calvino per un viaggio americano fermato dalla morte.

Maestro, in questo lavoro, con la regia di Orlando Forioso, lei è Conferenziere e fonde, sul filo della leggerezza, poesia e teatro. Quale “lezione” ha appreso da Calvino e propone ora al pubblico?

Lo spettacolo è una sorta di prova per una conferenza. Il conferenziere è accompagnato da un’assistente e c’è anche della musica. Non mancano le immagini, da spettacoli eterogenei, sul contrasto leggerezza- pesantezza. L’allestimento fa parte di quel mio modo, ormai ultradecennale, di fare teatro uscendo dal testo, leggendolo in “trasversale”, con improvvisazione, che non è superficialità, ma precisione e determinazione. Come dice Paul Valèry “Bisogna essere leggeri come un uccello e non come una piuma”.

Un’improvvisazione che include anche l’attualità?

Nello spettacolo dico che Cavalcanti è “leggero” e Dante è “pesante” ma anche  Kennedy e Obama sono leggeri mentre Bush è l’opposto. Ogni sera i riferimenti possono variare.

Come Calvino, che teatro vorrebbe proiettare al futuro?

Senza dubbio, il teatro che si sta evolvendo, freneticamente anche se in modo sotterraneo, nel panorama europeo. Un linguaggio nuovo che cambia il modo di proporsi, che manda in soffitta il teatro di regia e drammaturgia per proporre una figura di attore, autore, regista, raccontatore di emozioni, capace di attingere alla letteratura.

Una definizione che le si attaglia ma ricorda anche un altro grande protagonista, Dario Fo, con cui lei ha stabilito un forte sodalizio…

Proprio così. Io e Dario siamo amici da anni e lavoriamo insieme per un progetto televisivo che ci porta a raccontare il teatro e a farlo, in contemporanea. Un’esperienza eccezionale, coronata dalla presenza di Franca Rame, donna e artista straordinaria.

 

Lei e Fo avete vite e idee politiche molto diverse. Occasione per discussioni?

Mai litigato in vita mia con Dario. Io, nell’Iliade ho sempre amato la figura di Achille,  lui segue il mito di Ulisse. Diversi sì ma complementari.

Dunque il teatro unisce gli opposti e sana i contrasti?

Al teatro si ricorre sempre nei momenti di crisi, proprio come quello che stiamo vivendo, una crisi che può anche dare nuovo slancio, a patto che si recuperi la voglia del dialogo e del confronto democratico che noi stiamo smarrendo. Il teatro ci può dare la forza dell’immaginario, per andare oltre la coscienza infelice che accompagna il nostro stile di vita.

Sara Cerrato

Lezioni americane, Como, teatro Sociale, 26 novembre, ore 21. Biglietti da 58 a 16 euro. Posti limitati. Info: 031/270170.

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