Il quarto racconto d'agosto
Cronaca effervescente/6

Dopo aver mangiato, la cronista e i banditi iniziano una partita. Una "mano" tira l'altra e, all'ora X il contrabbandiere si attarda: ha trovato una rivale alla sua altezza

Briscola doveva il suo soprannome non già alla bizzarra trovata di un compagno di scuola - per quanto ne avesse uno molto bravo in queste cose, tanto da perseguitare i coetanei con eleganti "sobriquet" quali Puzzapiedi e Fiatospesso - ma appunto all’amore sconfinato per il nobile gioco di carte, al quale si dedicava con passione e accanimento. «L’asso vale undici, il tre dieci, il re quattro, la donna tre e il fante due», ricapitolò. «So come si gioca a briscola, grazie tante», replicò Elettra. «Allora incominciamo». Mentre la banda ricoverava il carico nella casupola, Briscola - alla luce della lampada a petrolio - distribuì le carte per la prima "mano". La briscola uscì a fiori.
«Sicuro di non volermi lasciare andare?», tentò Elettra. «Sicuro. Gioca». Elettra sospirò, appellandosi allo stomaco perché, nonostante le circostanze sfavorevoli, mantenesse un contegno impeccabile e afferrò le carte. Fin dalle prime "mani" si capì che sarebbe stata una gran bella partita. I due giocavano racchiusi nell’alone della lampada senza che, intorno, nessuno osasse fare il più piccolo rumore. Briscola giocava bene, ma Elettra era non era affatto da meno. I guardaspalle, riuniti intorno al tavolo, si scambiarono occhiate stupite: mai il loro capo aveva affrontato un avversario tanto abile. Dopo più di un’ora di gioco, la situazione era in equilibrio e parecchie "mani", al conteggio finale dei punti, avevano dovuto essere chiamate in parità. Elettra esaminò il volto di Briscola e vide affiorare qualche segno di nervosismo: il mento, sia pure impercettibilmente, tremava e una goccia di sudore, sgorgata da una tempia, correva lungo la guancia ispida. Buon segno, ma lei stessa aveva un bel daffare per non tradire il minimo sintomo di "stress". L’agitazione cresceva, aggravata dal suo stomaco a orologeria. Nell’intimo, sapeva bene che lo stress aveva adesso un motivo in più per mordere a fondo. Mentre fronteggiava il suo avversario inchiodandolo, ora dopo ora, al tavolo da gioco, si chiedeva che cosa sarebbe successo se fosse venuto a galla un piccolo, imbarazzante particolare. Quella che in apparenza era una normale partita di briscola nascondeva infatti un segreto. Qualcuno stava barando. E non era Briscola. Chi manifestasse sdegno alla scoperta che Elettra conosceva qualche trucchetto per sottrarre al caso le sorti di una "mano" a briscola, dovrebbe ricordare che la nostra giornalista frequentava, per ragioni professionali, gentiluomini ricchi di invidiabili risorse, anche se non tutte riconosciute dalla legge. Tra i "contatti" di Elettra c’era tale Ennio Spavalda, detto Superasso. Era costui un giovane elegante e intraprendente, a cui le "chance" nella vita non facevano difetto. Le "chance", però, sono un po’ farfallone e non sempre girano per il verso giusto. Superasso pensava che ogni tanto bisognasse incoraggiarle a tornare sulla retta via. Ecco spiegato perché fin da ragazzo si era applicato ad apprendere i giochetti di mano più in uso nelle bische e spesso si vantava di saper "correggere" in suo favore qualsiasi gioco di carte. Una sera, all’aperitivo sulla terrazza del Kursaal, si divertì a elencare: «Canasta, poker, pinnacolo, chemin de fer, baccarà, ramino, briscola…» «Sai barare anche a briscola?», si stupì Elettra. «Respingo il termine barare, mia cara», aveva risposto Superasso con sdegno. «Qui si parla di piccoli correttivi della sorte. Dopo tutto, che cosa ne è dell’uomo incapace di padroneggiare il suo destino?» «D’accordo. Ma la briscola?» «A briscola l’unico modo per padroneggiare il destino è quello di conoscere in anticipo le carte che usciranno». «E come?» «Quando si fa il mazzo, si avrà l’accortezza di applicare una tecnica particolare in grado di riordinare le carte. Una tecnica che resiste anche a una e perfino a due "alzate"».
Elettra aveva insistito perché Superasso gli rivelasse questo prodigioso accorgimento e si era dimostrata un’allieva capace: tanto è vero che lo stava impiegando con profitto sotto il naso di Briscola e dei contrabbandieri della sua "gang".
Il sistema era basato su una rapida manipolazione delle carte, da eseguirsi con polso fermo, dita agili, cuore sano, fegato blindato e stomaco robusto. Di tutti questi elementi Elettra, come sappiamo, aveva ragione di dubitare dello stomaco ma, con coraggio, teneva duro. «Se Briscola si accorge che sto barando - pensava - me lo sistema lui lo stomaco. Ci fa un buco con una pallottola e tanti saluti a tutti». Intanto, però, Briscola ancora non sospettava nulla ed Elettra, approfittando della tregua concessa dal bruciore, barava partita dopo partita. Le "mani" si succedevano l’una all’altra e la casupola era piena di fumo e di agonismo. Solo Sbilenco, a un certo punto, osò parlare. «Capo, è l’ora...» «Fai silenzio!», urlò Briscola.
«Ma capo, mi avevi chiesto di avvertiti...».
«Silenzio, ho detto! Ancora una parola e vedrai che cosa ti succede...» Sbilenco ammutolì. Elettra sorrise e raccolse le carte: ancora una volta, nel mescolarle, dimostrò di essere all’altezza del maestro Superasso Spavalda.

Mario Schiani

(6 - continua)

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