Il quarto racconto d'agosto:
"Cronaca effervescente"/2

La polverina del dottor Stroud messa alla prova da una pistola. La nerista Elettra Volpi miracolata dall'effervescenza che le sana lo stomaco, deve fare i conti con un'ombra della peggior specie

Accadde durante una matinée de Il Calzolaio di Brugge, l’opera del maestro Genoveffo Gasparini rappresentata al teatro locale. Elettra aveva preso posto nel loggione: una volta tanto dimentica dei traffici della malavita, intendeva concedersi un po’ di svago quando, di colpo, una fornace parve accendersi nelle sue viscere. Sulle prime, attribuì il fenomeno all’alzarsi del sipario: aveva sentito dire che era una reazione piuttosto comune tra gli spettatori del Calzolaio. In effetti la trama del melodramma - storia di passione e gelosia tra un ciabattino afflitto da alopecia e una lavandaia con il gomito del tennista - richiedeva un sistema digestivo capace di smaltire il bronzo ma, di solito, il malessere non si manifestava che dopo una mezz’ora di rappresentazione. Per essere precisi, nella gran parte dei casi malori, svenimenti e crisi isteriche si registravano a partire dall’aria "Oh, mio Cavaliere: potresti piantarla di russare?" che interveniva appunto a trenta minuti dall’inizio. Che cosa, allora, poteva aver provocato quell’inferno? Elettra non ne aveva idea: a malapena riusciva a trattenersi dall’urlare. Sembrava che nel suo stomaco fosse convenuta una consorteria di diavoli i quali, non contenti di infilzarla con le punte dei loro forconi, saltassero su e giù tormentandola con le corna e gli zoccoli caprini. Cercò di resistere, ma era impossibile: quel dolore era il supplizio più feroce al quale fosse mai stata sottoposta. Ancor prima che sul primo atto calasse il sipario, si era precipitata in strada in cerca di aiuto. Vagò disperata fino a quando la Provvidenza, dopo una buona mezz’ora, si decise a farla passare sotto una targa in ottone:

Dottor Amedeo Stroud Gastroenterologo e Chimico Suonare il campanello

Elettra non esitò e nel giro di pochi minuti si trovò al cospetto del dottor Stroud in persona. Costui - un uomo sulla sessantina con pizzetto e occhiali di tartaruga - le afferrò il mento e le esaminò gli occhi per qualche secondo. «L’iride non mente, cara signorina», affermò. «Interrogato a dovere, ci dice tutto dello stato del nostro stomaco. Il suo, per esempio, ha indetto una protesta: lo deduco dalle striature che vedo nei pressi delle pupille». Elettra ne fu sorpresa. «Il mio stomaco protesta? E come è possibile?» «E’ possibile, signorina. Possibilissimo. Mi dica: lei gli impone - allo stomaco, intendo - una vita particolarmente stressante?» «Non gli impongo un bel nulla», rispose Elettra indignata alla semplice insinuazione che fosse capace di sottomettere i suoi organi a un regime totalitario. «Arrivo a dirle - proseguì - che non ho rapporti con il mio stomaco. Non conversazioni, né lettere, né tantomeno telegrammi o telefonate. Posso affermarlo con sicurezza». Il dottor Stroud sospirò. «Il problema è proprio questo. Lei ignora il suo stomaco. Lo considera un accessorio. Potrei dire che lo dà per scontato. Lo stomaco, invece, ha bisogno di attenzione e cure». «Allora si è rivolto all’indirizzo sbagliato», replicò Elettra. «Io non ho tempo per prendermi cura di niente e di nessuno. Ho da fare, io. Devo lavorare. E il mio non è un lavoro da poco». «Sarebbe?», indagò il medico. «Giornalista. Cronista di nera, per la precisione». Il dottor Stroud emise un lungo fischio modulato. Non era sua abitudine emettere lunghi fischi modulati, né i gastroenterologi sono professionisti noti per abbandonarsi a lunghi fischi modulati come se nulla fosse. Se Stroud aveva fischiato, doveva esserci un motivo serio. «Non c’è bisogno che dica altro», riprese. «Lei svolge una professione stressante e a pagarne le conseguenze è lo stomaco. Possiamo rimediare, ma occorrerà la sua collaborazione. Per prima cosa, affrontiamo l’emergenza». Così dicendo, da un cassetto prese un involucro di carta rosa. «Questo - spiegò - è un medicamento di mia invenzione. Non a caso, si chiama Polverina Effervescente del Dottor Stroud». Aprì l’involucro e versò un cucchiaino di polvere bianca in un bicchiere, quindi vi aggiunse dell’acqua. «Beva - disse porgendo il bicchiere - Le darà qualche sollievo». Qualche sollievo? Il fuoco nello stomaco si placò come per incanto ed Elettra si sentì rinascere in ogni sua fibra. «E’ un miracolo!», gridò entusiasta. «Questa roba è portentosa. Ne ricaverà milioni!» Stroud sorrise compiaciuto. «In effetti, da poche settimane è cominciata la fabbricazione industriale del prodotto e le richieste non mancano. Devo avvisarla, però, che l’effetto durerà solo qualche ora. Prima o poi il mal di stomaco tornerà. Mettiamola così: la Polverina può esserle d’aiuto, ma il problema deve essere lei a risolverlo». «E come?» «Abolendo lo stress. Si prenda una vacanza, non pensi al lavoro. Soprattutto, faccia vita tranquilla: niente emozioni, niente avventure, niente sforzi estremi. Quando il dolore tornerà, si aiuti con la Polverina. Le preparo una ricetta per il farmacista». «Grazie, dottore. Lei è un santo. Glielo prometto: seguirò alla lettera i suoi consigli!» Il dottor Stroud la accompagnò alla porta. «Mi raccomando: riposo assoluto!», ripeté per buona misura. Elettra fece segno di sì e sorrise. Ancora sorrideva quando, ricetta in pugno, corse alla farmacia sotto casa. Prima che potesse raggiungerla, da un angolo dell’edificio sbucò un’ombra. Era un’ombra del tipo peggiore: armata di pistola e di voce minacciosa. «Zitta e ferma dove sei! Adesso fai la brava e vieni con me».

Mario Schiani

(2 - continua)

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