Il racconto d'agosto de La Provincia:
<Il critico innamorato>/6

Mughetto Sinni non riusciva a reagire al fallimento dell'"operazione Leggera"
Ed ora il suo alter ego non poteva impedirsi di scrivere recensioni benevole

Il mattino dopo, al risveglio, Mughetto presentava i sintomi caratteristici dell’investimento da locomotiva: spossatezza, stordimento e difficoltà nell’allacciarsi le scarpe fischiettando arie da <Ein Herbstmanöver>.
Senza scendere dal letto - ancora non si sentiva pronto per un simile ardimento - cercò di riordinare le idee e di fare il punto della situazione. Dopo vari tentativi, interrotti da violenti singhiozzi, finalmente riuscì - con l’aiuto di una matita e di un taccuino - a mettere qualcosa nero su bianco.

<Situazione del sottoscritto Mughetto Sinni. 1) sfidanzamento con signorina Clarissa Barozzi-Patrulli: operazione fallita; 2) fidanzamento con signorina Leggera Bisleri: operazione fallita; 3) rapporti con signorina Leggera Bisleri: troncati dopo l’esito negativo dell’operazione di cui al punto 1); 4) fidanzamento con signorina Clarissa Barozzi-Patrulli: ancora in corso; 5) lista di attività ricreative programmate da detta Clarissa Barozzi-Patrulli per la prossima settimana: vedi allegato>.

L’"allegato" consisteva in un documento, redatto da Clarissa in persona, nel quale si faceva accenno senza ritegno ad attività quali "tiro alla fune", "gita ciclistica", "campeggio", "torneo di pelota", "decoupage", "decorazione di uova", "soffiatura del vetro".
Mughetto sospirò: non vedeva vie d’uscita. Si riconosceva sconfitto nel corpo e nello spirito, non diversamente da come dovevano essersi sentiti gli avversari di Filadelfio Scassa dopo aver trascorso con lui un pomeriggio sul ring.
Cercò di consolarsi, pensando che, forse, il tempo avrebbe lenito i suoi dolori.
Ma non fu così.
Presto scoprì che i giorni e le settimane passavano, ma del brillante Mughetto Sinni di un tempo non restava che uno sbiadito ricordo. Non gli riusciva più di apprezzare l’atmosfera frizzante di una serata mondana, non sapeva più come godere dei sapidi pettegolezzi del bel mondo. Come biasimarlo? Si faccia avanti chi pensa di poter ben figurare in società dopo una giornata trascorsa a intagliare saponette alla lavanda.
A rendere la situazione insostenibile c’era poi il fatto che ad aver risentito per il fallimento dell’"operazione Leggera" non era il solo Mughetto Sinni: anche il suo alter-ego Deniche La Croûte sembrava aver perduto mordente.
Mughetto se ne rese conto la prima volta che si trovò a gironzolare per una galleria d’arte. Si trattava di una mostra d’acquerelli talmente grotteschi che, ai vecchi tempi, La Croûte non avrebbe saputo dove cominciare ad affondarvi i denti. Ora, invece, si limitò ad osservarli con occhio liquido e, piano piano, avvertì un sentimento di indulgenza, se non proprio di comprensione, sgorgargli nel petto.
A casa, seduto di fronte alla macchina per scrivere, non seppe trattenersi dal battere una recensione benevola, addirittura incoraggiante per la giovane artista.
Se una parte di Mughetto Sinni non poteva impedirsi di scrivere quelle parole dolciastre, della consistenza di un plumcake, l’altra assisteva inorridita al rovinoso crollo di un critico un tempo celebre per la sua durezza. Purtroppo la storia ci insegna che è così: un uomo può sopportare tremende privazioni, può scrollare le spalle e archiviare il gelo siberiano con un "non è nulla, solo un po’ di freschino", ma sottoposto a settimane di uncinetto e ping-pong anche l’individuo forgiato nell’acciaio finisce per cedere.
Ben presto, Mughetto non cercò nemmeno più di scuotersi e abbandonò Deniche La Croûte a un indegno destino di recensioni mielose e caritatevoli. Quello che era stato il terrore degli astrattisti, il castigatore dei tardo-impressionisti, l’Attila degli scultori e il Torquemada dei paesaggisti, si aggirava di galleria in galleria, di mostra in mostra, dispensando giudizi molli e bonari. La nobile arte della stroncatura sembrava in lui irrimediabilmente perduta.
Di un’esposizione incentrata su sculture capaci di bloccare la digestione a una betoniera, Mughetto arrivò a lodare «il carezzevole incarnato delle forme» e a sottolineare «la preziosità del tocco plastico». «Un finissimo esempio - aggiunse - di genio prestato alla sensibilità più squisita, all’umanità più commovente, tanto che lo spettatore non può impedirsi di avvertire l’urgenza di abbracciare forte forte il primo orfanello incontrato sulla via».
Difficile credere che Mughetto potesse cadere più in basso, ma duole riferire che, in occasione di una personale davanti alla quale i gatti passavano rizzando il pelo, la recensione firmata La Croûte si abbandonava a infiniti elogi «per la sublime profondità del tratto» e «la sapiente leggerezza del chiaroscuro». «Di fronte alla rara profondità spirituale di queste opere - proseguiva - ci ha invaso un senso di bontà universale, tale da imporci di raggiungere la più vicina mensa per i poveri e distribuire minestra di farro agli sfortunati rappresentanti di quell’umanità che, mai come oggi, sentiamo di amare con ogni fibra del nostro cuore».
Il povero Mughetto era, per farla breve, un relitto umano, incapace ormai di imprimere una parola sulla carta senza che questa grondasse indulgenza e buoni sentimenti. In chiusura a un articolo, giunse al punto di incoraggiare i lettori a «baciare quanti più bambini possibile e a non lasciarsi sfuggire il tenero richiamo delle violette primaverili».
Di svenevolezza in svenevolezza, Mughetto Sinni vagava per la città come una pallida ombra di se stesso. Un’ombra che, nel suo sconfitto peregrinare, varcò la porta di una galleria che annunciava la mostra Prospettive liquide di Amanda Mombelli-Ghisolfi.

Mario Schiani

     (6- continua)

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