Il racconto d'agosto de La Provincia
"Il critico innamorato" / 5

Il giovane chiuse gli occhi e attese: "Sono morto", pensò. "Sono in Paradiso, o visto ciò che ho fatto, all'inferno"

La rotativa de La Nostra Voce fece il suo dovere. L’uomo che distribuiva i pacchi dei giornali, nonostante una sciatica sempre sul chi vive, non si diede malato e le edicole cittadine aprirono di buon mattino con ammirevole puntualità.
A una di queste edicole, Mughetto Sinni acquistò una copia del giornale, concedendosi una sosta lungo la strada destinata a condurlo all’ufficio della fidanzata. Sfogliò il quotidiano fino a quando non riconobbe la recensione, stampata a pagina 7.
Si fece forza: non restava che completare l’opera. Temeva una spiacevole scenata e aveva considerato anche la possibilità di qualche contusione, forse un occhio nero.
Mughetto non ebbe bisogno di raggiungere la porta d’ingresso dell’ufficio per intuire che, quel giorno, ogni attività di import-export era sospesa. La ditta sembrava essersi riconvertita nel settore demolizioni.
Seduta alla scrivania nel salottino di attesa, la segretaria Leggera Bisleri si copriva le orecchie con le mani mentre dallo studio di Clarissa giungeva incessante eco di tonfi e collisioni: vasi infranti e, con ogni probabilità, mobilia fracassata.
Leggera salutò Mughetto con un largo sorriso. «Non è meraviglioso?», disse entusiasta indicando la porta dello studio.
«Promette bene», ammise Mughetto.
«Ora non ti resta che confessare».
«Eh? Già, già. Confessare».
«Oh, Mughetto! Non ti arrenderai proprio ora! Solo pochi spiacevoli istanti ci separano dalla felicità. Coraggio, tesoro mio. Un ultimo, piccolo sacrificio».
Dall’ufficio di Clarissa promanò uno schianto di calcinacci e un ululato capace di rizzare il pelo a una iena.
Leggera aprì un cassetto della scrivania rivelando una piccola ma fornita cassetta di Pronto Soccorso. «Non preoccuparti di nulla: so come si tampona una ferita».
L’espressione di Mughetto non lasciò intuire se e quanto egli si sentì rassicurato dalle parole di Leggera. Sta di fatto che gettò il cuore oltre l’ostacolo e, dopo aver bussato, entrò nell’ufficio.
Lo spettacolo non era per stomaci deboli.
Nella stanza sembrava aver bivaccato il reggimento di disciplina di un battaglione cosacco: non c’era oggetto - ninnolo, specchio o mobile - che avesse conservato la propria integrità.
Clarissa - gli occhi di chi ha visto l’aldilà e ne ha ricevuto un’impressione inferiore alle attese - si parò davanti a Mughetto brandendo una copia de La Nostra Voce.
«Hai letto?»
«Sì».
«Di tutti gli esseri viscidi, schifosi, ignobili, infami...»
«Clarissa...»
«Lasciami finire... Vomitevoli, biechi, torvi, immorali, disgustosi, subdoli, vigliacchi, perversi, luridi, abietti...»
«Clarissa...»
«...Ottusi, maligni, striscianti, dannati, biforcuti, odiosi, stomachevoli, sozzi, disonesti, sinistri, ripugnanti, verminosi...»
«Clarissa, una parola...»
«...Criminali, turpi, menzogneri, crudeli, scellerati, diabolici, ignominiosi, truffaldini, vili, infidi...»
«Sono io!», gridò Mughetto
«...Puzzolenti... Che cosa, sono io?»
«Io, io! Sono io che merito tutti quegli insulti. Io, Mughetto Sinni!»
Clarissa abbassò il giornale. «Ma che cosa stai dicendo?»
Mughetto respirò a fondo. «Deniche La Croûte...»
«Non pronunciare quel nome in mia presenza!»
«Aspetta, Clarissa. Farò di peggio che pronunciarne il nome».
«Santo cielo! Vuoi spiegarti?»
«È semplice: Deniche La Croûte sono io».
Mughetto chiuse gli occhi.
Lasciò che trascorressero alcuni secondi ma ebbe l’impressione che nulla stesse accadendo. «Sono morto», pensò. «Tra poco vedrò il Paradiso. O forse - dopo quello che ho fatto - l’Inferno».
Attese ancora qualche istante, fino a quando una voce fatata arrivò alle sue orecchie.
«Mughetto...»
Aprì gli occhi.
Clarissa Barozzi-Patrulli sorrideva.
«È impazzita - pensò Mughetto - Il colpo è stato troppo forte. Come quando Corrado Lanzetti-Dettori perdette al Circolo la scommessa con Gastone Spropositi su chi ingurgitasse più "cassis" e mortadella..»
«Mughetto...»: la voce di Clarissa pareva impastata con polvere d’angelo.
«Mi hai inteso, Clarissa? Deniche La Croûte sono io. Io ho scritto quella recensione, io ho insultato la tua opera. Io, non altri. Io!»
Clarissa si avvicinò e gli sfiorò le labbra con un bacio.
«Sono fiera di te», disse.
«Non ho capito tanto bene».
«Ho detto: sono fiera di te. Ora so che avrò la fortuna di sposare un uomo di perfetta onestà e di assoluta integrità. Sei tutto di un pezzo, Mughetto. E io ti amo come non ti ho amato mai».

Mario Schiani

5 - continua)

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