Il terzo racconto d'agosto
Amore in breve/4

Rufino il giorno dopo, seduto alla sua piccola scrivania, ricapitolò la situazione: "Un fallito. E amo senza speranza"

Il giorno seguente, trovato rifugio alla sua piccola scrivania, Rufino ricapitolò la situazione. Dall’esperienza appena trascorsa poteva trarre alcune constatazioni, prima fra tutte che all’appuntamento-esca nella sala civica si era presentata una persona soltanto: ciò significava che, come aveva temuto, il suo lavoro di brevista era virtualmente inutile. In secondo luogo, della suddetta persona si era innamorato all’istante. Questo avrebbe potuto essere un piacevole colpo di scena, una di quelle svolte che fanno dire al lettore «perbacco! ma guarda un po’» e lo invogliano a voltar pagina. Purtroppo, la persona in questione, lungi dal ricambiare il suo sentimento, pensava di avere a che fare con un maniaco assassino. In conclusione, il bilancio di Rufino era negativo su tutta la linea. «Fino a ieri - pensò - ero un giornalista fallito ma in pace con i sentimenti. Oggi sono un giornalista fallito e perdipiù innamorato senza speranza. Potrebbe andar peggio?» Onestamente, pensava di no. Tuttavia, poiché è proprio dai momenti di grave afflizione che i forti sanno spremere energia morale, incominciò a chiedersi se ci fosse modo di migliorare un po’ a situazione. La prima cosa che gli venne in mente fu una torta ai lamponi, ma subito scacciò il pensiero: la pasticceria lo aveva inguaiato una volta ed era meglio non concederle una seconda occasione. Che fare, allora? Come rimettere insieme i pezzi della sua reputazione infranta e, nel contempo, quelli del suo cuore spezzato? L’immagine della ragazza bionda era ancora impressa nella sua mente. Quanto avrebbe voluto stringerla a sé e mormorarle le parole più dolci che il cuore potesse immaginare: «Non sono un assassino, cara. Mai sparato a nessuno. Quanto agli sgozzamenti, non fanno per me. Sposami, e ti prometto che neppure il più piccolo ammazzamento sarà mai perpetrato tra le mura domestiche». A Rufino sembrava che queste parole non potessero fallire e che la ragazza, una volta convinta di non correre alcun rischio, avrebbe senz’altro ricambiato il suo purissimo sentimento. Già, ma come comunicare con lei? Come raggiungere il suo cuore e, prima ancora, i suoi padiglioni auricolari, in modo da trasmetterle l’amorevole messaggio? L’unica soluzione che riuscì a concepire fu quella di scrivere un’altra breve fasulla, una seconda esca che, questa volta, portasse a un effetto positivo. Infilato un foglio nella macchina per scrivere, si mise al lavoro. "L’ Associazione Liberi Tutti annuncia per questa sera un convegno straordinario dal titolo ’Sangue e crema di lamponi: un equivoco sempre in agguato’. Seguirà dibattito su come in circostanze sfavorevoli certi comportamenti possano venir male interpretati. Si prega di intervenire, in particolare, quanti non abbiano trovato soddisfacente la serata sul ’Punto e Croce’. Appuntamento alle 21 nella sala civica di via alle Porte".
Rufino rilesse il faticato testo e di nuovo cadde nella depressione. Per prima cosa erano più di cinque righe dattiloscritte, il che violava la regola base delle brevi di cronaca. Inoltre, come avrebbe potuto sperare che, letto tale pastrocchio, la ragazza si sarebbe convinta a tornare? Il testo sembrava piuttosto l’appello di un maniaco desideroso di finire il lavoro incompiuto. Cestinò il foglio. Sulla sua scrivania la cassetta era ormai colma di comunicati-stampa. Sospirò: non restava che mettersi al lavoro. Quell’inutile, stupido lavoro che neppure il più miserabile tra i miserabili avrebbe voluto svolgere. Era ormai sera inoltrata quando consegnò la colonna in tipografia perché venisse composta «Grazie al cielo, la giornata è finita», pensò infilandosi il soprabito. Sceso in strada, si incamminò a passo lento verso la sua camera ammobiliata: desiderava soltanto rannicchiarsi sotto le coperte e dormire il più possibile. Davanti a un’edicola, per caso notò che le copie de "La Squilla" - il quotidiano cittadino della sera - erano già in esposizione. Lasciò correre uno sguardo distratto sui titoli principali. "Tifone colpisce un cimitero: centinaia di morti"; "Fallisce l’accoppiamento dei panda: interviene il veterinario", "Io, aggredita da un maniaco...". «Solita porcheria», pensò Rufino. «Titoli a effetto e... un momento!» Impallidendo, afferrò una copia del giornale e tornò a leggere: "Io, aggredita da un maniaco in centro città".
Il sommario continuava così: "Viva per miracolo: il drammatico resoconto di una nostra giornalista vittima di un’aggressione. L’agguato con un coltellaccio sporco di sangue. Un maniaco omicida vaga indisturbato? Quante vittime ha già fatto?" Sotto il titolo campeggiava il ritratto a matita di un uomo, corredato con la didascalia: "L’identikit del killer". Inorridito, Rufino vide che i lineamenti dell’uomo coincidevano grosso modo con i suoi, anche se il disegnatore si era preso la libertà di aggiungere una smorfia crudele e due occhi da matto. Pagato l’edicolante, continuò a leggere. "Per miracolo - incominciava l’articolo - sono sfuggita all’agguato di un killer che si aggira per la nostra città. Una belva che ha già ucciso e che ucciderà ancora..." Lo sguardo di Rufino, indignato, corse alla firma: Dafne Cavalli-Cortesi.

Mario Schiani

(4 - continua)

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