Il terzo racconto d'agosto
Amore in breve/6

Rufino si trasformò in un latitante: "Se vogliono fare di me una belva pronta a tutto, ebbene, li accontenterò"

Cominciò così in via ufficiale la latitanza di Rufino Nosvelli il quale, svelando a Dafne e al caporedattore la sua identità, aveva tagliato i ponti con la vita da libero cittadino e doveva ora improvvisare una carriera da fuggiasco. Non aveva esperienza in materia, ma pensò che mantenere una certa mobilità fosse un dovere del buon latitante. Al riparo dietro il bavero, vagò dunque incessantemente per le vie della città privilegiando - anche questo gli sembrava un atteggiamento consono al nuovo status - i luoghi più deserti e peggio illuminati.
Questi ambienti, è ovvio, sono i meno adatti a rinfrancare lo spirito di un uomo angustiato e Rufino ne subì le conseguenze.
Stabilita una temporanea residenza sulla panchina nel parco, si sciolse in calde lacrime. Poi si sentì invadere da un furore cieco.
«Se vogliono fare di me un animale braccato, una belva pronta a tutto, ebbene, li accontenterò!»
Purtroppo a Rufino mancava il physique du rôle del fuorilegge. Se mai si fosse deciso a mettersi all’angolo di una strada a gridare "o la borsa o la vita" avrebbe raccolto molta compassione e poca moneta di corso legale. Da ragazzo intelligente, se ne rese presto conto.
Sospirò e, poiché l’ora si era fatta tarda, si stese sulla panchina per dormire un poco.
Fu un sonno agitato quello che lo accompagnò fino al mattino seguente. Al risveglio, barcollò fino a una fontanella pubblica grazie alla quale si lavò la faccia e fece colazione con due sorsi d’acqua.
Riprese subito a vagabondare, timoroso di abbassare il bavero e di entrare in un qualunque locale pubblico: il disegno pubblicato da La Squilla avrebbe potuto tradirlo.
Solo nel primo pomeriggio si decise ad avventurarsi nei pressi di un’edicola. La tentazione di vedere come La Squilla avrebbe proseguito nella sua campagna diffamatoria era troppo forte.
Afferrò una copia del giornale e, gettato il denaro all’edicolante, si allontanò in fretta.

Un assassino in redazione

gridava il titolo a tutta pagina.
Rufino digrignò i denti e passò alla lettura del sommario: "Incurante della caccia all’uomo in corso in tutta la città, il misterioso assassino - uno psicopatico? - ci ha fatto visita in redazione, tornando a minacciare la nostra cronista. Tutte le informazioni a disposizione della polizia. Ancora poche ore di libertà per il mostro?". La pagina era corredata da un editoriale dal titolo: "Quando gli stranieri si fingono compatrioti".
I pezzi grossi del quotidiano serale sembravano aver preso in mano la situazione, perché nessun articolo era firmato da Dafne Cavalli-Cortesi.
Rufino arrotolò il giornale e se lo infilò in tasca. Voleva piangere e urlare insieme.
Fece invece ritorno alla sua panchina.
Quella sera un vento freddo si alzò sulla città. Un vento che, forse, proveniva dal cuore senza speranza di Rufino Nosvelli. Lo sventurato, disteso sulla panchina, batteva i denti e non riusciva a prendere sonno.
Pensò di coprirsi con i fogli del giornale. Che quell’ignobile Squilla almeno servisse a qualche cosa!
Mentre formava una coperta di fortuna con il quotidiano, lo sguardo gli cadde sulla colonna delle brevi di cronaca.
Perfino nelle circostanze più drammatiche l’uomo si rivela un animale abitudinario e così, anche se braccato, oltraggiato, affamato e assonnato, Rufino incominciò a scorrere il testo.
Non ci volle molto perché, con suo sommo stupore, leggesse quanto segue:

"L’Associazione per la Soppressione degli Equivoci invita i soci dell’Associazione Liberi Tutti a un’assemblea straordinarissima, indetta per domani sera alle 21 in via ai Quadri, 17. All’ordine del giorno il chiarimento di punti rimasti confusi in occasione dei precedenti incontri. I soci sono caldamente pregati di partecipare: ne va del futuro dei nostri sodalizi".

Rufino pensò subito a una trappola.
Cercavano di attirarlo in una zona tranquilla - via ai Quadri era nel bel mezzo di un quartiere residenziale - per infilargli indisturbati le manette ai polsi.
«Credono che sia uno stupido!», pensò. «Vogliono abbindolarmi. Ebbene, staranno freschi».
Intanto, al fresco ci stava lui. Impossibilitato a prender sonno, cominciò a rimuginare su quanto aveva letto.
E se...? Ma, no! Gli sembrava impossibile.
Ma, forse, una piccola possibilità c’era...
Fu una notte agitata, la sua, e non soltanto a causa della latitanza, del vento e della scomodità della panchina.
Nella sua testa rivide mille e una volta il film di quegli ultimi giorni: gli occhi azzurri della ragazza spalancati davanti al suo coltello, la testa china sul lavoro alla piccola scrivania di redazione, lo sguardo incrociato durante il colloquio con il caporedattore.
Al mattino, la fontanella ricevette una seconda visita di un Rufino Nosvelli che, dopo tanto riflettere, aveva infine deciso di partecipare all’assemblea straordinarissima dell'Associazione per la Soppressione degli Equivoci.
(6 - continua)
Mario Schiani

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